In un mondo it-pop ideale, il prossimo tormentone estivo.
Gente con una certa coerenza verso la propria poetica, che mai perde il gusto di carezzare il proprio spessore artistico. Gente che ha preso il nome da un romanzo di Pennac quando ancora i libri erano robe di carta. Gente così, radicata nei propri – piccoli o grandi che siano – riferimenti geografici, bella di uno strabismo forzato, con un occhio sempre rivolto avanti e l’altro a guardare indietro i luoghi – reali o dell’anima, non fa differenza – che con il tempo e i chilometri si sono fatti cari.
Gente che ha avuto il coraggio di fare colazione al Caffè Cortina, che ha soggiornato all’Hotel Tivoli con il buongusto di non recensirlo su Tripadvisor. Gente che ha parlato Dei Cani quando I Cani sguinzagliati sulla cresta dell’onda erano ben altri. Gente che ha creduto nell’amore fino all’ultimo momento in cui è durato e ora – dopo sei anni di silenzio sulla lunga distanza – torna preda di uno spleen così peso da risultare super e richiedere addirittura di essere rilasciato in due volumi.
I Non voglio che Clara, dalle montagne bellunesi arrivano a pucciare i piedi nell’Adriatico con sonorità che dire attuali è poco. È un presente che contemporaneamente si fa passato e futuro, all’ora dell’aperitivo ma il più lontano possibile dal Papeete. Racconta la transizione dall’adolescenza all’età adulta senza passare da Instagram, con un tutorial – de-giornalistizzato alla radice, pur nel suo sapere in qualche modo di it-pop – su come scrivere il pezzo dell’estate in un mondo parallelo in cui per farlo non devi per forza ammiccare agli stessi a cui hai venduto il culo. C’è del gin-tonic invece del mojito o dello spritz, c’è l’acqua della cala di Podrače al posto dello stagno di Riccione, le polaroid contro i selfie, fascisti e filistei senza aquile reali.
Insomma, c’è tutto quello che serve, ancora una volta, per non rischiare nemmeno per sbaglio di fare completamente sold-out.