Il robot più figo della scena indie.
L’etichetta più graffiante del momento – la coccolosissima Bello Records, prima label a essere fondata e gestita da un gatto – torna all’attacco, dopo il successo di due anni fa targato Any Other, calando l’asso che non ti aspetti.
Deus ex machina di una creatura per due terzi (Simone Ferrari e Davide Chiari) umana e per un terzo (il terzo più importante) robot dal cuore di nastro Fostex, Tin Woodman naviga sicuro in un mare appiccicoso di tastiere, sintetizzatori, vocoder, linee di basso gommose e riff ammiccanti, sicuro del suo fascino metallico e preceduto dalla sua fama di sciupafemmine (not so) hi-tech.
Metal Sexual Toy Boy è il singolo apripista del loro nuovo, omonimo EP: una sofisticata truffa metropolitana – dai risvolti alquanto “hot”, ma con un finale che non lascia spazio al romanticismo – ai danni di una biondina molto sexy (descritta al meglio dal video diretto da Marco Jeannin, che vede una Sara Flambè estremamente a suo agio nei panni della biondina molto sexy e un Tin diabolicamente perfetto nei panni di se stesso).
Ben inserito nella sua narrativa dal sapore tanto avant-pop quanto retro-nerd, il progetto Tin Woodman parte da un punto ben preciso – che sta esattamente a metà tra Il Mago di Oz e Corto Circuito – e arriva a presentarci il conto, facendo leva sulle debolezze che ci caratterizzano in quanto esseri dotati di cuore, attraverso quella che si rivela essere tutt’altro che un’operazione-nostalgia.
Anzi. Tin Woodman è la fantascienza che si fa attualità allo stato puro: il lato party harder dell’omino di latta, il cyborg malandrino con cui Dorothy ha perso la verginità senza che Zia Emma e Zio Henry lo sapessero – una sera, strafatti nel privé di un evento Facebook – prima di essere sedotta, abbandonata e gettata in corsa da una DeLorean prenotata su BlaBlaCar, sparata a tutta velocità verso quel che resta di un ipotetico ritorno al futuro.
Musicale e non solo.