In direzione ostinata e soprattutto contraria.
Sounds Of The Universe è lontano dall’essere un album perfetto. Ma questo l’abbiamo capito dopo. Quando uscì Wrong, primo singolo che faceva da apripista al nuovo lavoro del 2009, a distanza di 4 anni dal precedente Playing The Angel, una ventata di ottimismo si diffuse tra gli estimatori della band inglese: Wrong era - è - semplicemente un brano eccezionale. Inequivocabilmente Depeche Mode, eppure con un suo profilo peculiare, originale, con quel “wroooong” corale in controtempo che fa da contrappunto a tutto il pezzo; con le sue atmosfere plumbee, angosciate; con il suo incedere quadrato, ripetitivo, come stesse seguendo lo schema di un canone d’altri tempi.
Tutto, completamente tutto, è sbagliato: ma solo nel contenuto delle liriche, perchè la verità è speculare: il brano è perfetto. Mentre il testo non lascia dubbi di interpreatazione circa il suo voler rappresentare (sono parole di Martin Gore) “una riflessione su una vita di errori, misfatti e pessime decisioni” - salvo il sospetto che in tutto questo rimpianto ci sia quasi un elemnto di predestinazione: “I was born with the wrong sign / In the wrong house / With the wrong ascendancy / I took the wrong road / That led to / The wrong tendencies / I was in the wrong place / At the wrong time”.
Notevole è anche il video di Patrick Daughters: una piccola opera d’arte in grado di rivaleggiare con Anton Corbjin quanto a capacità immaginifica e simbolica, con meno fotografia e qualche effetto speciale in più. Aneddoto: vi compare anche Julian Gross, batterista dei Liars. Purtroppo il resto del disco, pur ricco di gemme, non ha saputo mantenersi sugli stessi livelli. Ma fin che è durata, Wrong è stata una bellissima illusione, per quanto… sbagliata.
Depeche Mode Wrong Depeche Mode
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