Quello che ti prendi non ti ucciderà, ma attento a quello che dai agli altri.
Una dolorosa auto-analisi lunga 4 minuti e 20. Ai tempi di Exciter sia Dave Gahan che Martin Gore avevano messo un freno ad alcool ed eroina già da qualche anno, ma era finito anche il momento eccitante derivante dall’aver cambiamento stile di vita: ora la New Life (per citare un vecchio brano della band) diventava la regola, e portava con sé anche una serie di riflessioni su quanto si era fatto. Il panico dell’apparentemente vuota sobrietà a confronto con la densa dipendenza. Se dieci anni prima l’elogio mascherato all’assunzione di droghe (Enjoy The Silence) e alla figura del pusher (Personal Jesus) erano proposte in maniera epica e sfacciatamente a petto in fuori, la coscienza oggi faceva fare un passo indietro.
Non sembra quindi casuale che Dream On, a conti fatti, risulti musicalmente una versione più intimista proprio di Personal Jesus: i silenzi al posto dei cori da stadio e la voce quasi sommessa di Dave alla disperata ricerca di amore nonostante l’acquisita consapevolezza di ciò che si è fatto - a se stessi ed agli altri - dipingono uno dei brani migliori non solo del periodo post-Alan Wilder, ma di tutta la loro carriera. C’è una tensione strisciante - proprio come quella data dall’aver tagliato qualcuno o qualcosa fuori dalla propria vita - ma spietata data dal perfetto matrimonio tra ambientazione sonora, liriche ed orecchiabilità decadente. Il grido disperato nel voler riacciuffare il sogno e la speranza nel futuro è il tentativo ultimo del voler uscire dalla depressione dopo aver fatto i conti con sé stessi. Poco importa se sconfiggendo i demoni interiori o provandone compassione.
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