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A volte è necessario approfondire. Per capire da dove arriva la musica di oggi, e ipotizzare dove andrà. Per scoprire classici lasciati indietro, per vedere cosa c’è dietro fenomeni popolarissimi o che nessuno ha mai calcolato più di tanto. Queste sono le storie di HVSR.

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Uno, nessuno e cento Maynard Keenan

La teoria criptica di un uomo complicatamente semplice.

Leader dei Tool in primis, ma anche mente e catalizzatore di A Perfect Circle e Puscifer, solo apparentemente in seconda battuta. Prima ancora attore, comico ed esperto di animali. Poi viticoltore e imprenditore. Sempre e costantemente tanto intrattenitore quanto pensatore visionario. Chi è Maynard James Keenan?

Un rocker sfrontato

Se dovessi definire Maynard James Keenan (al secolo James Herbert Keenan) direi che è un tipo alla mano. Il fatto è che la semplicità alla fine della fiera è la cosa più complicata dell’intero creato e quindi quella mano che lui tende è un invito a sprofondare in un abisso ricco di dicotomie.

Basta cominciare da quella che – tra le sue professioni – senza dubbio l’ha reso più celebre: il frontman di una rock band. Beh, mica è così semplice come sembra. Tecnicamente infatti non lo si può chiamare così. Il frontman, come dice la parola stessa, è chi si mette davanti al pubblico, l’elemento più esposto di tutta la band. Vi basta però sbirciare un concerto dei Tool o degli A Perfect Circle su YouTube per accorgervi che sovente, Keenan sul palco copre uno spazio insolito, talvolta quasi defilato. In apparenza un atteggiamento simile sembra frutto di introversione o, per contro, di egocentrismo. Un po’ come Jim Morrison, che i primi concerti con i Doors preferiva dare le spalle al pubblico, ma solo perché se la faceva letteralmente sotto dalla paura. La gente delle prime file però protestava, considerandolo – guarda un po’ – uno “sfrontato”.

Ecco, siamo più vicini all’essenza del nostro fenomeno di turno: nessuno nella storia del rock è mai stato più sfrontato di Maynard James Keenan.

Quasi non lo vedi, quello con la cresta, nella penombra, dietro a tutti gli altri.

Il suo intento destabilizzante, riguardo la posizione sul palco, è un grande gesto democratico e umile: vuole solo impedire al pubblico di focalizzarsi su un membro della band, ignorando gli altri. Con i Tool in particolare (ma la cosa vale per qualsiasi esperienza musicale che l’abbia coinvolto) la musica è sempre avanti a tutto quanto. Gesto democratico e umile, dicevo, ma anche un po’ arrogante e da egocentrico, appunto, se vuole cambiare per prima una concezione del rock spettacolare e divistica.

In ogni caso, è proprio da questa “sfrontatezza” che possiamo prendere il largo nell’analisi di uno dei più grandi sciamani rock degli ultimi trent’anni.

Full metal Keenan

L’uomo dai mille volti, dai mille mestieri, hobby, attitudini, trascorsi disparati, Maynard James Keenan è sempre stato avido di conoscenza, proteso a un’evoluzione che passa, come dice il titolo della sua loffia autobiografia, armonizzando gli opposti.

Il Napoleone de noantri.

Del resto lui è uno che ha sempre attraversato delle fasi antitetiche. La sua formazione di base l’ha maturata nell’esercito. Quando era cotto a puntino come macchina assassina da inviare da qualche parte nel Medio Oriente a far saltare in aria villaggi (in funzione delle famigerate operazioni pacificatrici e di iniezione democratica), ha chiuso con l’uniforme e si è dato completamente all’arte.

Anche se Maynard – a ben guardare – non ha iniziato a essere un creativo dopo aver detto basta con le armi e la disciplina. In quel contesto ha mostrato comunque di prediligere la ricerca, l’esplorazione di se stesso. Non è detto infatti che per capire da cosa si è posseduti dentro, sia del tutto inutile sperimentare i freni e la pressione, sospendere la mente e diventare strumenti di qualcun altro. Infatti James ha seguitato ad avere un’attitudine militaresca in tutte le sue successive esperienze. I vari abiti che infatti ha indossato durante la sua crescita non si sono via via sostituiti e rimossi, ma hanno ritessuto una sempre più ricca uniforme variopinta, un’armatura di sfide e apprendimento costanti.

Musicista ma anche attore, comico, intrattenitore, viticoltore, esperto di animali, lottatore di jiujitsu, disegnatore, imprenditore, pensatore visionario: una poliedricità riverberata da un massiccio rubino tutto d’un pezzo. Il risultato poi, quello dipende ovviamente dal tipo di luce che lo attraversa.

Soldato una volta, soldato per sempre.

Un satanista puro

Mette un po’ a disagio questo aspetto filosofico di Keenan, soprattutto se lo si tira in ballo a uno dei tanti cenacoli che si formano nei forum sul progressive rock. I Tool hanno richiamato la gente più disparata, attratta per una volta dalla complessità, le lungaggini, l’ambiguità e la spasmodica espansione verso luoghi indefiniti di una band rock apparentemente difficile da digerire, ma che proprio in questa sua tendenza a sfuggire e sgusciare ha trovato la propria chiave pop. Il discorso satanico ha quindi finito ormai per essere rimosso, seppellito in un fitto archivio di stranezze, pose, posture e imposture dell’ugola dai mille timbri della rockstar dai mille toupée, il Lon Chaney Jr. dell’abrasione animistica ad alta saturazione ego-sonica.

Ma il satanista resta, sotto le coltri del vinarolo, del buon marito e dell’imprenditore. Ovviamente non dovete immaginare il carnevale folk di animali sacrificati e vergini imbrattate di sangue e sperma. James vede la vita come un cambiamento continuo, una trasformazione che consuma la propria esistenza e allo stesso tempo la rigenera. Questo è stato il suo percorso creativo fin dall’inizio e possiamo ancora parlare di album e concerti solo perché di qualcosa si deve vivere, e l’industria musicale ha un potente maglio entro cui restano incagliate anche le creature più selvagge e incostanti.

Eccolo infatti nei panni di Belzebù in persona nel sottovalutatissimo B-movie Bikini Bandits.

Del resto non è che Maynard Keenan abbia poi realizzato questo gran numero di dischi. Ne sanno qualcosa proprio i disperati amanti dei Tool, in attesa di Fear Inoculum per tredici interminabili anni, ma non sono ridotti tanto meglio quelli più emozionali e alt-freak degli A Perfect Circle (quattordici anni dal terzo al quarto album). Tra le discografie di questi due gruppi (e in aggiunta quella del terzo e poco compreso Puscifer) si contano una quindicina di lavori sparsi in quasi quarant’anni di vita musicale. Non si può parlare certo di logorrea musicale.

Questo perché James ha battuto tante strade oltre quella dei Rolling Stones, imboccando a naso direzioni che fino a due minuti prima non avrebbe mai nemmeno sognato di prendere. La storia del produttore di vini in Arizona è emblematica a questo proposito. È la riprova che sovente Maynard segue dei segnali luccicosi che vede solo lui e da quelli stravolge la sua esistenza come niente. Non ha aperto una cantina in Toscana, come avrebbe fatto qualsiasi rockstar senza grande fantasia e troppa noia nelle vene. Lui ha dirottato l’impresa vinicola in uno dei posti più insoliti e sulla carta meno indicati che si potessero scegliere: il deserto western dell’Arizona, decisamente avulso a certe coltivazioni. Ma è lì che l’esperienza militare è stata utile, dandogli una prontezza di adattamento, uno sguardo pratico e tattico al progetto e una inflessibilità totale sul sacrificio necessario a conseguire i risultati più improbabili. E poco dopo che le prime viti hanno iniziato a produrre uva si è scatenata la componente creativa e decorativa, riandando al retaggio un po’ grottesco nel negozio di animali, dove Maynard era un anonimo commesso in grado di far fiorire esteticamente interi reparti di collari e tutine canine.

Maynard James Keenan con il suo cane (il cane è quello alla sua sinistra eh!).

Un travestito per cause di forza maggiore

Maynard ha iniziato a travestirsi quando ha capito che la sua faccia era riconoscibile e la gente gli si avvicinava mentre faceva la spesa o passeggiava per i fatti suoi. Questa cosa l’ha inquietato assai, ma anziché chiudersi nella sua villa con piscina, pagando un fidato maggiordomo che gli portasse a spasso il cane e tornasse con i sacchi di spesa dal market, ha deciso di accettare la sfida e l’ha affrontata come un vero artista dovrebbe sempre fare, vale a dire creativamente. E così ha iniziato a cambiare aspetto indossando spesso delle parrucche e vestendosi nei modi più assurdi.

Quando si è ripresentato con gli A Perfect Circle – band in cui l’immagine non era più un tabù come nel caso dei Tool ma più canonicamente esposta e pubblicizzata – Keenan ha continuato a negarsi quanto già faceva nei celebri videoclip della band “madre”, celando il suo volto dietro le lunghe chiome di una parrucca da donna, magari ossigenata. E poi creste, mullet, tagli da cherubino sgargiante, occhiali da sole, rossetto, smorfie paralizzanti. Questo gioco di personaggi era già iniziato nella sua precedente esperienza come attore e cabarettista. Senza metterla da parte (e magari sostituendola con quella del cantante), James ha deciso di non buttar via l’educazione ricevuta nel giro degli stand-up comedians e l’ha convogliata nella propria gestione d’immagine in pubblico e in quello che forse – nonostante le differenze di responsi da parte dei fan – è il più rappresentativo di tutti i progetti musicali a cui abbia preso parte: i Puscifer.

Anche le treccine alla Pippi Calzelunghe, sì.

I Puscifer sono un misto di cabaret, rock e fascinazione per l’apocalisse con cui Maynard mostra tutta la sua camaleontica personalità ed esercita fino in fondo uno delle sue più grandi capacità: quella di catalizzare il talento degli altri e fare da vettore decisivo, sviluppando e guidando gruppi artistici molto diversi tra loro, ma abbastanza genuini e irrequieti da poterli trasformare in se stesso dandogli voce, movenze e ritmo.

Negli A Perfect Circle non ha mai scritto una sola nota. Infatti li ha sempre definiti una creatura di Billy Howerdel piuttosto che sua e, nonostante l’attenzione profusagli fin dal primo disco dai media, Keenan ha ribadito costantemente di essere un interprete, cedendo il posto e il microfono al vero leader dei Circle – Billy appunto – mettendosi lui in un angolo e sprofondando dietro la propria parrucca. Ma come mai uno dei più originali e inarrestabili cantanti alternativi all’apice della propria cariera decide di sacrificarsi completamente per dare voce agli spettri e le visioni di uno sconosciuto tecnico del suono dei Faith No More? È un mistero, come la maggior parte delle mosse che Keenan ha deciso di fare in tutti i suoi anni di carriera, dentro la musica e fuori da essa.

Una serie di misteri che restano tali soprattutto per lui. Le decisioni repentine lo hanno sempre condotto in luoghi nuovi e spesso impervi, dove c’era da farsi un gran sedere, tra disboscamenti e bonifiche, ma una volta messa la bandierina su un inedito groppo di terra, Maynard non si è mai fermato prima di dissodarla e farla rifiorire, così da annusare poi tra quei petali un altro messaggio criptico da aggiungere ai precedenti, inviatigli da un qualche dio – di sopra o di sotto, senza particolari preferenze –, il quale gli sta indicando via via le tappe di un percorso che lui confida essere un giorno chiarito e rinfrancante a bestia.

I Puscifer – e no, Maynard James Keenan non è quello con la crocchia in testa.

La trascendenza delle groupie

Nella sua biografia – scritta dall’amica d’infanzia Sarah Jensen – si parla moltissimo di trascendenza, spiritualità e destino, ma poco di donne, sesso e rock. Nonostante questo, è abbastanza palese il problema che Maynard ha dovuto affrontare durante i suoi anni in giro per i palchi di mezzo mondo: la dipendenza sessuale. Non è difficile immaginare quanto la boria sensoriale e taoista, da Krishna indemoniato con il sussidio di disoccupazione (e una bomba sotto il divano) del primo Keenan, quello ai tempi di Undertow, potesse sfociare in una sequenza archetipica alla Rasputin. E infatti tra il 1992 e il 1999 ci sono state frotte di groupie vogliose di scorticargli via orgasmi ed eccentricità, solo che poi, con il tempo, Maynard ha finito per detestare quel bisogno di fondersi con entità tossiche, orbitanti come mosche viscide sulla frutta marcia che via via stava diventando lui.

Una delle tante group... ah no.

E così è passato a cercare esperienze sentimentali più consistenti e durature, inanellando però una serie di storie altamente nocive e da cui ha faticato moltissimo a tirarsi fuori. Poi, come una fiaba a lieto fine, Keenan si è accorto di quanto la sua segretaria fosse carina e affettuosa e ha deciso di concedere a Lei Li (così si chiama la pulzella del destino) la chiave della sua cantina più profonda e vischiosa. Il matrimonio gli ha offerto la stabilità terragna di cui era in cerca senza saperlo, mentre fuggiva da un bus di squinzie destabilizzate e smaniose di scopare e uccidere senza soluzione di continuità la propria antica figura paterna. Un sodalizio profondamente pagano quello tra lui e Lei (Li), il bivacco a cinque punte da far risplendere nelle notti in cui il povero rocker esperienziale vaga ancora un po’ troppo lontano per i boschi dell’evoluzione.

È lei (Li)!

Il contrasto tra la monogamia del maturo Maynard James Keenan e la inquieta duttilità dei suoi trascorsi punk non allineati di pischello senza focolare domestico, sono ancora una volta solo due aspetti estremi dello stesso moloch creativo. L’uomo di casa e l’esploratore delle stelle; così come il Keenan pubblico resta un artista irreprensibile, trasudante integrità e allo stesso tempo uno showman un po’ cialtrone, sempre pronto a stuzzicare e sconvolgere il pigro pubblico adorante. Pubblico che gli rimane aggrappato nella speranza che lui seguiti ancora per molti anni a nutrirlo di intelligenza e libertà, di sarcasmo e nuove imprese da complicatissimo alla buona.

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