La bellezza dell’essere diversi ma ritrovarsi uguali.
Il canto. Il ritmo. La musica. Non importano la lingua o il colore della pelle: qualcosa dentro di noi si scalda, sempre, quando il silenzio viene riempito dal suono.
La punta della piramide del progresso tecnologico che ha avuto un’accelerazione warp nell’ultimo quarto di secolo – con tutti i suoi pro e contro – è sicuramente internet. Più che le questioni politiche, è grazie alla rete che il mondo si è realmente “connesso”, rendendo facile per chiunque interessarsi e approfondire quello che succede dall’altra parte del globo. Per dire, tutto quello che fino a relativamente poco tempo fa veniva considerato una nicchia in cui infilare un po’ tutti quelli che non suonavano musica angloamericana e dintorni (la cosiddetta world music) è entrato prepotentemente nelle orecchie e nella vita di chiunque abbia un minimo di interesse per le sette note. Gli Hu per esempio, fantastica band folk metal (che ultimamente strizza – e bene – l’occhiolino a partiture alla Rammstein) mongola di Ulan Bator. O gli Heilung, nordeuropei con la fissa delle rune che tutto suonano tranne roba convenzionale. O lo splendido progetto Music from Saharan Whatsapp, che meriterebbe un lungo discorso a sé su quanto i telefoni possano essere anche un tramite per l’arte in questo inizio del millennio. Ecco, è qui che la nicchia della world music non ha più molto senso di esistere: le tradizioni artistiche e musicali di ogni paese hanno bucato le dighe del mainstream imposto dalle major (che, come successe con il grunge, probabilmente tra un poco cominceranno a marciarci) e sono alla portata di chiunque.
Come ad esempio gli Otyken, dalla Siberia. La loro proposta (invero molto orecchiabile) miscela efficacemente strumenti e linee musicali tradizionali, amalgamando sapientemente il tutto con un appeal moderno che sarebbe riduttivo definire occidentale grazie all’innesto di piccoli passaggi di synth, per un risultato che sta regalando alla band una notorietà fino a pochi anni fa impensabile. Nel momento in cui leggerete queste righe infatti, il brano avrà largamente superato i quattro milioni di visualizzazioni solo su YouTube, che andranno a sommarsi agli streaming delle varie piattaforme presenti ormai ovunque. Conti alla mano, meglio di un pinguino qualunque, tattico o meno.
Mettendo da parte la qualità (ottima) della proposta, è proprio questo il punto sul quale vale la pena di soffermarsi e riflettere: il mondo è cambiato e con esso la divulgazione e fruizione della musica e delle forme d’arte in generale. Non tenerne conto (evitando quindi di abbracciare tutto il positivo che ne deriva) non solo priverà l’ascoltatore di prodotti emozionanti e validi, ma lo chiuderà in una bolla congelata nel passato aggrappata agli ultimi brandelli di un mondo che non c’è più. In altri termini, se è vero che non è tutto oro quello che luccica, è altresì vero che i paraocchi non fanno vivere bene e mostrano solo una strada ben delimitata di quel percorso invece vasto, ampio ed emozionante che chiamiamo esistenza.
Il passato sono delle splendide radici solide e sicure su cui cresce il tronco della nostra vita e bisogna sempre prendersene cura, ma è alle gemme che nascono sui rami nuovi che dobbiamo guardare se vogliamo uscire dal pantano sicuro ma asfissiante della comfort zone. Casa è un rifugio bellissimo, ma è fuori che la vita va avanti.