Ragazzi, silenzio e tutti seduti: parla il Professore.
Ho sempre avuto negli anni l’impressione che Elvis Costello non fosse considerato abbastanza, almeno non al pari di tanti altri per i quali non si perdeva occasione di spellarsi le mani: un dolce e amaro pensiero che nasceva e cresceva principalmente dal fatto di averlo seguito per anni sempre con grandissima costante soddisfazione.
Costello è sempre stato un autore sorprendente: può scrivere pezzi rock o ballate o pezzi romantici e la qualità resta altissima, e con il passare degli anni si è rivelato sempre più abile nell’unire la sua creatività con la capacità di dominare la scrittura di un brano, sia per la musica che per i testi. Un maestro che ancora oggi riesce a pubblicare album bellissimi che spesso passano inosservati per molti, ma caratterizzati da un livello qualitativo che molti suoi colleghi (di oggi e del passato) si possono solo sognare.
Se Hey Clockface del 2020 era stato un disco registrato in giro per l’Europa pieno di splendide perle (tra cui vi segnalo What Is It That I Need That I Don’t Already Have?), cantato in un commovente vibrato che faceva a gara con i fiati, con The Boy Named If (pubblicato all’inizio del 2022) ancora una volta il buon Elvis si mostra in grandissima forma.
Accompagnato dagli Imposters (Steve Nieve in primis, e la fantastica sezione ritmica con i grandi Pete Thomas alla batteria e Davey Faragher al basso), l’allegra banda sembra proprio divertirsi e l’intesa si percepisce in tutto l’album.
Paint the Red Rose Blue è una struggente ballata che riserva delle sorprese se ascoltata in cuffia (per esempio una chitarra scordata che appare ogni tanto in sottofondo e lentamente si palesa): un altro grande brano che potrebbe essere il fiore all’occhiello di ogni artista ma che per Elvis è solo uno dei (suoi) tanti masterpieces.