Non solo ghosting.
Nella sacrestia di Papa Emeritus da anni volano gli stracci: quando si parla di royalties non c’è entità infernale che tenga, alla fine vengono sempre evocati gli avvocati. La disputa legale ha innescato un certo turn over tra i Ghouls, ovvero i musicisti mascherati che collaborano nei Ghost di Tobias Forge (il quale da allora non perde occasione di ribadire che «i Ghost c’est moi»), e oggi gli ex membri della formazione svedese potrebbero, visto il numero, mettere su agevolmente una squadra di calcio a 7 con abbondanza di riserve.
Il lato buono della cosa è che tra gli ex Ghost c’è gente davvero in gamba, ai cui progetti musicali successivi il successo dei Ghost ha sicuramente fatto da traino: su tutti, Priest (andate a riprendervi un pezzaccio pazzesco come A Signal in the Noise) e Airghoul, progetto solista di Mauro Alan Rubino, già tastierista con i Ghost (dove militava per l’appunto con lo pseudonimo di Air Ghoul) e con gli stessi Priest.
Tutto chiaro? Non importa – concentriamoci su Orange Forest: troppo facile liquidare il pezzo (strumentale) come synth pop in quota nostalgia anni ‘80, se non altro perché qui le radici affondano (anche) nel decennio precedente e hanno a che fare (anche) con roba nostrana: i Goblin di Claudio Simonetti, Giorgio Moroder, ma anche i Rondò Veneziano di Federico Naggiar e Gian Piero Reverberi.
E d’altra parte Rubino è un ragazzo del ‘56, non è che ce la si può cavare tirando in ballo i soliti Depeche Mode.
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