Chicche in formato compilation.
Gli album ufficiali firmati dal clan dopo The W saranno tutti medio-buoni (dal discontinuo Iron Flag all’ottimo 8 Diagrams), ma la vera chicca è una compilation laterale e spesso trascurata: Chamber Music. All’appello mancano diversi membri storici del collettivo (da GZA a Method Man) e infatti il disco non viene annoverato tra gli LP effettivi del gruppo. Eppure rappresenta un’orgogliosa e riuscitissima dichiarazione di intenti che sarebbe un peccato tralasciare.
C’è sempre RZA come produttore esecutivo, e infatti anche a questo giro si sprecano i riferimenti a campioni jazz e sample di kung-fu movies dimenticati, ma stavolta la novità principale e più croccante è che le basi sono per lo più suonate live da una vera e propria band di Brooklyn, i Revelations. L’operazione si configura così come un tentativo di omaggiare l’ormai storico sound made in Wu-Tang donandogli una sfumatura ancora più calda, analogica e vintage. Se a tratti sembra di sentire delle basi dei Roots, in altri momenti è quasi impossibile capire se si stia ascoltando una band che suona o un campionamento.
Quel che è certo è l’avere una goduria tra le orecchie, tra archi che profumano di exploitation movie (Radiant Jewels), pezzoni soul d’altri tempi (I Wish You Were Here, con un sontuoso ritornello di Tre Williams), giri di basso tanto semplici quanto ammalianti (Ill Figures) e tanto altro ancora.
In tutto questo, i tanti ospiti presenti (oltre al clan compaiono anche nomi grossi come Havoc dei Mobb Deep) si preoccupano anzitutto dir appare al meglio e confezionare un disco di hip hop vecchia scuola senza tanti fronzoli: il pezzo simbolo è senza’altro il panzer Harbor Masters, con due magistrali Ghostface Killah e Inspectah Deck.