Dance dance dance dance, to the video.
Se c’è qualcosa che la pandemia ha aggiunto alla scena musicale, è il fiorire inarrestabile della scena legata all’home recording. Tra festival a casa, live a casa, registrazioni a casa, serate danzanti a casa e quant’altro – in mancanza del contatto umano – l’ingegno si è adattato e, usufruendo della tecnologia, ha cercato di ricreare qualcosa di simile ai concerti, alle session o in generale a cose che fino a poco tempo prima erano normali.
A prescindere dai risultati (a volte apprezzabili, altre un “vorrei ma non posso” a cui si sarebbe preferito un semplice fermo immagine meno pretenzioso), bisogna tenere conto anche di questo sviluppo, dove il concetto di album vero e proprio è completamente superato, e i brani escono ogni tot accompagnati da un qualsivoglia videoclip, diventando istantaneamente fruibili per migliaia di persone. Gli oggetti che poi vanno a raccoglierli – siano essi vinili colorati o cassette limitate – sono dei veri e propri feticci/compilation destinati ad abbellire librerie Ikea o ad arricchire collezioni a tema, più che a essere realmente ascoltati.
Una delle formazioni (che poi è poco più di una one man band) che più si è distinta in questo senso in ambito goth e affini è quella dei Dark, che in pochi mesi si sono fatti un nome tra le giovanissime leve oscure dedite a fruire di musica su YouTube.
La ricetta è semplice: una darkwave elettronica veramente basic che ricorda a tratti gli Athamay, un mix in your face senza fronzoli buono per le casse dei club (o del pc), un riff semplice e circolare facilmente memorizzabile e ballabilità a mille. È un piacevolissimo campionario di luoghi comuni del genere, composto e suonato per non pensare, che non fa soffermare sui dettagli (anche perché non ce ne sono) la cui unica finalità è quella di intrattenere e far muovere gli ascoltatori a ritmo di danze vampiresche post-apocalittiche. Né più né meno. E funziona maledettamente bene. Il fatto poi di lasciare che l’immagine sia ad appannaggio di una serie infinita di patinatissime foto di modelle alternative sottolinea in maniera ancora più marcata quanto il buon vecchio dark viva completamente nel presente, con un’attenzione maniacale ai rapporti con i fan via social network e una cura pressoché perfetta dell’estetica.
Non è certamente roba che passerà alla storia, ma di sicuro è una polaroid efficace di un momento storico in cui rapidamente sono cambiate fin troppe cose nel modo di vivere e rapportarsi alla musica, segnalare che esista “anche” questo è doveroso: dove prima c’erano meteore ora ci sono solo scie di ionizzazione, ma il succo non cambia. E a volte, invece di pensare troppo alle cose, è meglio ballarci sopra.