Una delle cose migliori che la musica americana ci ha dato nel 2016 è il disco di questa narratrice, che in Hands of Time distilla il meglio del country anni ’60-70 per raccontarci la sua storia personale — e per la cronaca, il titolo del suo album, Midwest Farmer’s Daughter, è un omaggio a Loretta Lynn, ma anche una frase di Good Vibrations dei Beach Boys. In canzoni di questo genere torna tutto: la voce che sottolinea ogni sfumatura drammatica del testo senza strafare, la melodia classicissima e agrodolce, l’arrangiamento dove s’incastrano linea di basso, rifiniture di chitarra, archi e organo, un mondo d’immagini condensate in sei minuti. Il padre perde la fattoria quando lei ha 2 anni; lei che cresce e lavora duramente per ricomprarla; il viaggio verso Nashville con 57 dollari in tasca; i concerti, l’alcol, gli uomini; il primogenito morto. L’idea assurda e però così concreta d’essere vittima di una qualche maledizione cosmica.
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