Un, due tre, via: fai partire Hologram — o una delle altre canzoni da un disco notevole chiamato Hologram Ĭmparatorluğu — e sei risucchiato in un vortice sonoro. È una vertigine di strumenti ad arco e corda, scale orientali e chitarre surf, una sensazione d’instabilità inebriante, proprio quel che manca alla musica oggigiorno. Lei si chiama Gaye Su Akyol, è turca, dice d’essere influenzata da Selda Bağcan (icona delle parti sue) e Grace Slick (icona delle parti nostre… più o meno), e plasma la musica del suo Paese fino a farla diventare una visione allucinata, quasi surreale.