Alex DeLarge e i suoi fedeli Drughi in giro per l’Irlanda.
Un inizio degno di un soundtrack western morriconiano per un pezzo che andrebbe studiato da chiunque avesse sentito parlare del punk folk e volesse azzardarsi a farlo. Anche se i Pogues non hanno mai avuto le chitarre distortissime dei loro emuli, e la loro strumentazione sia sempre stata grosso modo quella delle sessions nei pub irlandesi, o al limite degli hillbillies degli anni ‘30, è tutta una questione di attitudine, e non c’è davvero niente di più punk di Boys from the County Hell.
Il “don’t give a damn” tipico del ‘77, l’esercizio dell’amata ultraviolenza (anche se, come ammesso nel testo, la spacconaggine potrebbe non corrispondere a realtà: «I recall we took care of him one Sunday / We got him out the back and we broke his fucking balls / And maybe that was dreaming and maybe that was real / But all I know is I left that place without a penny or fuck all»), e infine quel senso di dannazione biblica e di vivere in una mitologia tipico irlandese, che copre come una patina di polvere persino il resoconto dei pestaggi di una gang e il loro bullarsela (perché al cavaliere nero non je devi caca’ er cazzo).
Anche l’elenco delle parentele fa parte della retorica: mio padre, dice Shane, era un blueshirt (la frangia di estrema destra dell’IRA, praticamente), mia madre teneva un bordello, e mio fratello si è guadagnato le sue medaglie stuprando donne vietnamite a Mỹ Lai. E noi, ragazzi dalla Contea Inferno, abbiamo la sete di sangue di una gang di diavoli. Un mix delizioso, corredato da una formula di augurio che più irlandese non si può: «And it’s lend me ten pounds and I’ll buy you a drink».
Ah, lo sapete che il primo gruppo di Shane si chiamava The Nipple Erectors, e che quello pre-censura dei Pogues era Pogue Mahone – dal gaelico póg mo thóin – e cioè “baciami il culo”?