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Una volta alla settimana compiliamo una playlist di tracce che (secondo noi) vale davvero la pena sentire, scelte tra tutte le novità in uscita.

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... Tutte le tracce che abbiamo recensito dal 2016 ad oggi. Buon ascolto.

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A volte è necessario approfondire. Per capire da dove arriva la musica di oggi, e ipotizzare dove andrà. Per scoprire classici lasciati indietro, per vedere cosa c’è dietro fenomeni popolarissimi o che nessuno ha mai calcolato più di tanto. Queste sono le storie di HVSR.

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Bullismo rock: il caso Nickelback

Analisi di un dato di fatto: passano gli anni, ma la band canadese rimane quella più perculata di sempre.

Nell’epoca che ha dichiarato guerra all’odio e alla discriminazione, nessuno ha smesso di odiare e discriminare questi colossi del rock. Perché succede? Ma soprattutto, c’è un motivo preciso per cui li si odia? La risposta è sì. Più di uno, in realtà.

Sensibili anche loro

È chiaro ormai: parlare male di qualcuno è diventato impossibile. Sono finiti i tempi in cui ci si prendeva gioco delle band creando intorno a loro un’aura di scherno e malumore, anche nei casi in cui quell’aura era ampiamente meritata e plasmata da anni e anni di brutti dischi. Sono giorni grami per chi ama vergare pezzi impregnati di sarcasmo e osservazioni politically incorrect senza essere crocifisso sui social e tacciato d’insensibilità alle polemiche correnti. Era bello quando, al massimo, ci si portava a casa una querela, senza essere fustigati sulla pubblica piazza. Tutti sensibiloni adesso. C’è sempre qualcuno che si offende per qualcosa. E allora correggi di qua, e lima di là, e non dire “urban”, e cambia il tuo nome e chiamati solo ”A”, per non rischiare di urtare i sentimenti di decine di popoli e civiltà sparse per il mondo.

È evidente, però, che quest’ondata di neosensibilità sia a sua volta discriminatoria, in quanto non considera l’eterno, implacabile, inconfutabile bullismo che da anni perseguita i Nickelback.

Passano i decenni e loro sono sempre lo zimbello del rock.

Da cui la questione da indagare: perché?

Bullismo e barbarie

Sin dagli esordi, nel 1995, la folgorante carriera di Chad Kroeger e compagni è andata di pari passo con un odio totale e incondizionato nei loro confronti, espresso soprattutto dalla critica musicale americana. Tutto questo, con la totale compiacenza del popolo. Sarà forse perché sono ricchi e pieni di gnocca? Spoiler:

No.

Accusati da sempre di non avere credibilità nel mondo del rock, i Nickelback sono stati bersaglio di meme, gif, freddure e barzellette, manco fossero l’arma dei carabinieri. Come se non bastasse, si è trovato il modo di bullizzarli anche con il Covid.

Ma queste son cose da agnellini rispetto a quello che i quattro rockettari di Hanna, Alberta (Canada) hanno dovuto subire in passato.

Nel 2016, in quello che poteva sembrare un pesce d’aprile fuori tempo, il comando di polizia della città canadese di Kensington postava sui suoi canali social un avvertimento chiaro: se vi becchiamo alla guida in stato d’ebbrezza, vi suoniamo tutto Silver Side up dei Nickelback. Una prospettiva di una crudeltà inaudita, considerando che si tratta del loro album più venduto. Notando quanto la cosa stesse scappando di mano, l’autore dell’infausto messaggio si scusò pubblicamente con la band, e rimosse il post.

Ma noi l’abbiamo ancora.

E poi ci sono stati casi in cui lo scherno ha rasentato l’ostracismo.

Per esempio, nel giorno del Ringraziamento del 2011, si disputa a Detroit il consueto incontro di football tra Lions e Green Bay Packers. Come in una versione ridimensionata del Super Bowl, i Nickelback vengono scelti come band dell’halftime, ovvero dovrebbero esibirsi tra un tempo e l’altro della partita. Ma rischiano di non farlo, perché, qualche giorno prima dell’incontro, cinquantamila persone firmano una petizione per non farli salire sul palco. Chiamatela democrazia diretta.

Ma non è tutto. Nello stesso periodo viene ideato un plugin di nome Nickelblock che, una volta scaricato, esclude dai motori di ricerca tutti i risultati che riguardino lo sciagurato gruppo (si poteva scaricare qui, ma adesso non c’è più). A pochi buongustai – per associazione di idee – tornerà in mente quel giorno meraviglioso in cui la Apple mise a disposizione un tool per disinstallare l’album Songs of Innocence degli U2 da iTunes e iPhone, dopo che, in virtù di una geniale campagna promozionale, era stato reso disponibile gratuitamente su ogni account, suscitando le ire di chi non lo voleva.

C’entra poco, in effetti, ma uno strumento che per migliorarti la vita elimina cose degli U2 fa ridere a prescindere.

E noi suoniamo lo stesso.

Ma cosa si rimprovera esattamente ai Nickelback? Da dove deriva tutto quest’astio diluito nei decenni? Perché loro e non altri? Uno studio ha provato a spiegarlo.

Nel 2016, una dottoranda universitaria finlandese ha analizzato le recensioni dei dischi dei Nickelback pubblicate dalle riviste musicali finlandesi (comprese quelle tradotte da altre riviste, da altre lingue) tra il 2000 e il 2014. L’analisi è contenuta in un paper dal titolo: «Puttanate ipocritiche messe in scena a denti stretti: dibattito sull’autenticità nelle recensioni dei Nickelback nei media finlandesi». A sentire lei, sono almeno tre, gli elementi che li hanno penalizzati e tuttora li penalizzano nell’arena del rock capitalista. Andiamo ad approfondirli uno a uno.

Copiare male

Durante i primi live della loro carriera, quelli per intenderci che seguirono l’uscita di Curb, i Nickelback dovevano per forza infilare un pezzo o due dei Pearl Jam nei loro live set per tenere sveglia la gente. D’altro canto, nella loro versione primordiale, erano una cover band. Come tante. Uno dei loro primi singoli, Fly, li etichetta nettamente come “post-grunge”, un’eredità gloriosa e disgraziata allo stesso tempo. Non a caso, la band canadese aveva lavorato con un ingegnere del suono, Larry Anschell, che era stato in studio anche con i Pearl Jam e gli Alice in Chains della prima ora.

È noto altresì che, dopo l’esplosione del grunge, le major discografiche cominciarono a mettere sotto contratto band che somigliassero anche solo vagamente alle band di Seattle (Bush, Candlebox, per citare gli esempi più scontati). Dunque, la formula dei Nickelback, in realtà, non faceva altro che aderire ai crismi richiesti in quel periodo.

Peccato però che questo rinculo grunge fosse percepito dalla critica e da una fascia di pubblico come non autentico – in altri termini, la brutta copia dell’originale. Lo studio finlandese dice, a proposito:

La reazione negativa ai Nickelback può essere interpretata come ribellione al tentativo di ridurre quella musica, che fu epitome di autenticità, a qualcosa di blando, nel nome di un consenso di pubblico più ampio. (Salli Anttonen)

Tutto questo, in un periodo in cui cominciava già a esserci saturazione di guitar band ammiccanti pressoché simili tra loro (Incubus, Creed, Staind), sdoganate dalla programmazione pomeridiana di MTV.

A fine 2001 questo video era già passato in rotazione così tante volte che ti sarebbero sanguinati gli occhi almeno fino al 2006.

La piacioneria

In pratica, i Nickelback hanno preso il disagio e l’hanno trasformato in petting, complice la presenza belloccia, biondiccia (ma son solo colpi di sole, malignano i più) e il ruggito grattasentimento del loro assoluto leader, Chad Kroeger appunto. I suoi testi fondono l’immortale elogio della vita debosciata del rocker allo struggimento d’amore – formula dal successo assicurato tra le hard/rock band degli anni Ottanta/Novanta, ma che è tornata a nuova vita nei primi anni Zero, quando il rock americano ha visto un trionfante ritorno al testosterone e all’arrapamento del maschio alfa bianco (in pratica, a quello che un tempo era definito “cock-rock”).

Un titolo che più cock-rock non si può.

Bores of Canada

Secondo il suddetto studio, però, il vero peccato mortale attribuito ai Nickelback, l’unico a cui veramente non c’è rimedio e quello che ne determina l’eterno odio, è la dullness. Letteralmente “ottusità”, ma in questo caso con un’accezione di “noia”. Li si accusa, in pratica, di avere canzoni basate su strutture e riff molto essenziali e sempre uguali, rese ancora più simili dal graffio vocale invariato di Chad Kroeger e i suoi trenta overdub.

In pratica, i Nickelback imitano tutti, ma soprattutto se stessi.

I termini più utilizzati nelle recensioni prese in esame dallo studio sono: «mortalmente noiosi», «generici», «ripetitivi». Una «piattezza collegata alla mancanza del senso del rischio, che porta alla prevedibilità della musica, e la rende non interessante». I Nickelback sono definiti «l’esempio più fulgido di rock che ha ripulito l’heavy metal da tutta la sua ribellione, passione e pericolo».

Nel tentativo di dimostrare la cosa, qualcuno ha cercato di scomodare l’arte del mash-up. In un esperimento di rara audacia sono state sovrapposte due canzoni tratte da album diversi della band: How You Remind Me (Silver Side Up, 2001) E Someday (The Long Road, 2003).

Il risultato è questo – è meraviglioso e conferma che la teoria è tutt'altro che campata in aria.

Se non vi basta, comunque, c’è chi si è spinto anche oltre.

Praticamente tutta la discografia della band in tre minuti e mezzo – trova le differenze.

Oppure, se volete provare da soli, iniziate col sovrapporre questa e questa. Impressionante, vero?

Sì, ma quanti nichelini hanno messo nel salvadanaio i Nickelback?

La band, nella sua versione primordiale, era composta dai fratelli Chad e Mike Kroeger, dal cugino Brandon Kroeger, da un altro vocalist di nome Scott Holman e un altro batterista di nome Sean Watts. Si chiamavano Village Idiot ed erano prevalentemente una cover band. L’idea di chiamarsi Nickelback arrivò da Mike, che lavorava come cassiere da Starbucks, ed era solito dare come resto un nickel (cinque centesimi di dollaro) dicendo ai clienti: «Here is a nickel back». Da qui, il brand.

Deve essere stato un riflesso incondizionato, poi, fare una marea di soldi.

I piacioni dell’Alberta a oggi hanno venduto 50 milioni di album (sarebbe interessante scendere nel dettaglio degli streaming ma non lo faremo qui) e sono, dopo i Beatles, la seconda band straniera con più vendite nel mercato USA. Chad Kroeger, autore molto prolifico, guadagna con i soli diritti d’autore circa 10 milioni di dollari all’anno, senza parlare di contratti promozionali, tour e merchandise.

Tuttavia, la carta davvero vincente dei Nickelback è la presenza massiccia nell’impianto rock dei blue-collar americani. Non c’è sigla sportiva che non abbia un loro pezzo in sync. Il tema musicale della World Wrestling Entertainment, gli spot dello Speed Channel della NASCAR, la colonna sonora di Transformers. Per dirla come era scritta in un articolo di Bloomberg di qualche anno fa:

Se qualcosa viene preso a pugni, sventrato, o distrutto, in pratica, laddove c'è caos, ci sono in sottofondo i Nickelback. (Ben Paynter)

E questo è un aspetto che potrebbe determinare la sopravvivenza di questa band nei secoli dei secoli, parlando d’America.

Un modo come un altro per vivere un giorno da eroi nazionali (e per tornare a essere perculati subito dopo).

In conclusione

Chiudiamo con una considerazione importante: ai Nickelback non frega nulla di essere bullizzati. Raramente hanno reagito alle critiche e, quelle rare volte, l’hanno sempre fatto con sarcasmo. Chad Kroeger si è costantemente elevato sopra le polemiche dicendo di essere «l’opposto di tutto quel che è hipster» e di andarne fiero. Per giunta, c’è sempre l’impressione (come in tutti i casi in cui si odia molto), che sotto sotto, chi dissa i Nickelback abbia almeno Silver Side Up nella propria discografia. O mal che vada un greatest hits.

Come ha avuto modo di affermare qualche anno fa il batterista dei Black Keys:

Il rock and roll sta morendo perché alla gente va bene che i Nickelback siano la più grande band del mondo. (Patrick Carney)

Ecco, l’ha detto lui.

Nickelback Chad Kroeger 

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