Le avventure berlinesi di Bowie e Brian Eno, la new wave, l’indie-noise, il post-rock e l’industrial. Tutto questo e molto altro ci hanno dato Klaus Dinger e Michael Rother. Una coppia di geni male assortiti che, come spesso accade, funziona. Magari per poco, ma perfettamente.
Nel marzo 2008 Klaus Dinger moriva di attacco cardiaco alla soglia dei sessantadue anni. L’assenza di clamore che ha circondato la notizia non è stata una novità, poiché le sue imprese artistiche sono passate a lungo inosservate ed è pur vero che se l’era in parte cercata, infangando trascorsi gloriosi con dischi orridi, scriteriate accuse ai discepoli e cause legali contro chiunque, mentre si iniziava a celebrarne la grandezza. Motivi di incazzatura col mondo “Herr” Dinger ne aveva eccome, tuttavia lo spettacolo non è stato edificante e il dovere di cronaca impone di riferirlo.
Cambiando discorso, ricordate che illuminazione è stata nel 1995 Krautrocksampler di Julian Cope? Testo fazioso ma appassionato e scritto con prosa pirotecnica, ufficializzava il ritorno di un krautrock che in realtà aveva solo aspettato il momento propizio per dire: “ehi, sono sempre stato qui”. Quelle pagine le abbiamo lette e rilette con febbrile dedizione. La stessa con la quale ci siamo lanciati subito in cerca dei tasselli che mancavano alle nostre collezioni e a una prospettiva storica che poi, alla fine, ne è uscita ridisegnata. Nel caso di NEU! e La Düsseldorf, lo stupore fu per il fall out di echi e influenze riconoscibili ovunque, dal rock prefissato indie e post a un’ampissima parte della new wave e del punk. Roba da non credersi all’inizio e subito dopo esaltarsi. Per sempre.
Benché di acqua sotto i ponti ne sia passata parecchia, restano di assoluta modernità quel martellamento in 4/4 tra tribalismo e tecnologia – battezzato dagli inglesi motorik, ma che l’artefice preferiva definire apache beat – l’acidula insistenza di chitarre e voci, lo spirito bucolico mitteleuropeo in dialogo con un sarcasmo già profumato di ‘77. Come le altre folgorazioni del krautrock, provenivano da una generazione cresciuta tra le macerie postbelliche, che voleva affrancarsi il più rapidamente possibile dai recenti orrori tramutando la propria nazione in una potenza economico-politica. Con la medesima fierezza, gli artisti più brillanti si impadroniranno del rock portato dai “vincitori” angloamericani rendendolo coscientemente qualcosa di altro. E di futuribile.
Dopo aver trafficato con complessini in stile British Invasion, Michael Rother (voce, chitarra, tastiere) e Klaus Dinger (voce, batteria) si uniscono a Düsseldorf con un altro duo proveniente dal domani. Convocati da Ralf Hütter e Florian Schneider a rimpolpare la line-up che presenta dal vivo il primo album dei Kraftwerk, per pochi concerti e una celebre apparizione televisiva si ritrovano con il solo Schneider. Ralf torna all’ovile allorché l’eccesso di creatività – e, suppongo, un titanico scontro di ego – pone fine al trio. Nulla di male, considerando come andranno le cose.
A fine ’71, quelli che adesso si chiamano NEU! trascorrono quattro notti a sviluppare e incidere un pugno di abbozzi con il mago della consolle Conny Plank. Lui a fungere da catalizzatore e paciere tra i talenti che nel 33 giri omonimo spogliano il tambureggiare di Moe Tucker dei rimasugli di fisicità nera tramutandolo in un’ipnotica progressione. Il manifesto Hallogallo esemplifica subito l’originalità della proposta in dieci minuti di secco groove, chitarre volteggianti, laconici accordi stoppati. Rimossi basso, voci e melodia, sei avvolto in un flusso potenzialmente infinito e in una spiritualità qui aerea e là nevrotica.
Nella corsa notturna su una autobahn tra boschi e luci al neon nascono Pere Ubu, Joy Division, Sonic Youth, Stereolab, Primal Scream. Come minimo. E come se non bastasse, ecco lo spigoloso noise-funk industriale Negativland, l’atonalità dolce di Lieber Honig, i sogni straniti Sonderangebot e Weissensee, il compatto minimalismo di Im Glück. Faccende avanguardistiche e aliene al pari della confezione, dove il nome della band campeggia su fondo bianco con stile da pubblicità rivelando gli studi d’arte di Dinger e l’ammirazione per Andy Warhol e Joseph Beuys. Aspetto di non poco conto, rappresenta un elegante esempio di grafica (post) punk. Nel 1-9-7-2!
Prima di porre mano al seguito, i NEU! giocano la carta “live” con membri dei Guru Guru, constatano il fallimento dell’esperienza e rinunciano in via definitiva ai tour (non senza ricadute negative sotto il profilo economico). Fedele all’indole anticonvenzionale, Klaus decide allora di pubblicare un singolo, formato commerciale pop che nulla ha a che fare con il rock “progressista”. Il magnifico sberleffo sfocia nella psichedelia reinventata di Neuschnee e in una Super che inventa i D.A.F.
Stando al diretto interessato, durante le registrazioni di Neu! 2 (il serialismo prosegue in un artwork che replica il debutto) i soldi finiscono. Anche ripescando il 7” e aggiungendolo alle già classiche Für Immer e Spitzenqualität e al distillato di John Lydon intitolato Lila Engel, non si raggiunge comunque il minutaggio necessario a un LP. Messo alle strette, con il senno di poi, forse Dinger voleva far ammattire una casa discografica rea di non aver promosso adeguatamente il progetto. Chissà. Fatto è che la scaletta viene completata con nastri deteriorati a mano e reincidendo il singolo e un frammento di Für Immer a 16, 45 e 78 giri.
Saggio di indifferenza nichilista, test di Rorschach sonico, primitivo uso del processo di registrazione come strumento e semplice presa in giro sono alcune ipotesi – tutte piuttosto plausibili – che cercano di spiegare Neu! 2, un surreale parente stretto di Metal Machine Music cui i P.I.L. guarderanno per suggellare First Issue. Intanto ne derivano un flop commerciale (se rapportate al coevo panorama underground, le vendite del primo disco erano state invece soddisfacenti) e l’incrinarsi del precario equilibrio su cui si regge la formazione.
Urge una pausa di riflessione per la coppia, in sostanza legata soltanto dalla musica. Michael approfondisce l’intesa con Hans-Joachim Roedelius & Dieter Moebius e nella quiete di Forst allestisce con loro gli Harmonia, intestatari tra ’74 e ’75 di lavori – Musik von Harmonia e Deluxe – splendidamente basati su esplorazioni cosmiche e ritmi robusti. Più complicata la situazione di Klaus, che – perso l’amore della vita e svariati quattrini nel tentativo di autoprodursi – incanala la rabbia insegnando al fratello Thomas a maltrattare tamburi e piatti, facendo pratica con la chitarra e pianificando la mossa successiva.
Il contratto prevede infatti un ultimo disco e – fuori dagli schemi fino all’ultimo – in luogo di un annoiato compitino, i Nostri recapitano il capolavoro. Separandolo su due facciate di vinile, ’Neu! ‘75 scioglie il dualismo estetico del gruppo (lo stesso che il fan David Bowie invertirà in Low e Heroes) per ricomporlo in una perfezione eterna.
Il primo lato porge morbida psichedelia ambientale. Una Isi di bellezza ingannevolmente semplice. Seeland, fascinosa e intimista. Il Satie reinventato di Leb’wohl, memore degli Harmonia ma proiettata su un lontano avvenire. Girato il disco, ti travolge il tempestoso e articolato cyberpunk’n’roll che in Hero, E-Musik e After Eight forgia Sex Pistols, Adverts e ciò che seguirà. In modo magico e ineffabile, tutto risulta coeso e persino complementare.
I sentieri qui si biforcano coerenti. L’hippie cosmopolita Rother abbraccia una tecnologia malinconica e umanista (nella corposa produzione spicca l’opera prima Flammende Herzen del 1977, con ospite Jaki Liebezeit dei Can) mentre nel ’76 il proto-punk metropolitano Dinger si cosparge di lustrini ed entra nelle chart nazionali con l’eccellente La Düsseldorf incastrando tastiere e synth su quella ritmica. Un altro biennio e Viva porgerà obliquo avant-pop, acconciature alla Ziggy e giacche di pelle raccattate da John Foxx per gli Ultravox! assieme alle sonorità e all’omaggio palese del punto esclamativo.
Poi la caduta: dischi dal mediocre al pessimo, beghe con il fratello e le etichette, una trascurabile reunion dei NEU! a metà anni ’80. Klaus soccombe ad amarezza, solitudine e rancore tranne che per un breve momento nel 2001, quando con Rother supervisiona le tanto agognate versioni ufficiali su CD del catalogo.
Il resto già lo sapete. Auf Wiedersehen, super eccentrico!