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Wolf Parade: I'll Believe in Anything
Dove avevamo parcheggiato?

Wolf Parade
I'll Believe in Anything

Navi da crociera vietate ai can… ah no, ai lupi.

Nel 2003 – sotto il protettorato Sub Pop – per una necessità dell’ultimo minuto di Spencer Krug (già nel vancouveriani Frog Eyes) si formano gli Wolf Parade (recentemente riunitisi dopo lo iato di cinque anni avvenuto nel 2011).

I’ll Believe in Anything è un pezzone riconosciuto – quasi all’unanimità – come loro caposaldo, divenuto celebre anche per il suo video surreale e nostalgico d’epoche passate, e tratto dal primo Apologies to the Queen Mary (2005), acclamato e considerato dalla critica uno degli album indie più influenti dei Duemila.

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Il titolo del disco non ha niente a che vedere con la regina inglese, ma deriva dalla meganave in cui alloggiavano Krug e soci dopo l’All Tomorrow Parties di Los Angeles e dalla quale, a causa delle loro scorribande, erano stati gentilmente esclusi. E bisogna dire che tutto sommato, più che la loro musica, sono aneddoti come questi che testimoniano lo spirito hardcore e punk che la band ha sempre citato tra le fonti di ispirazione. Il loro sound è infatti più o meno sempre stato contraddistinto da attitudine new wave, mista a un impatto indie-rock. Scuola Pixies con qualche ammiccamento ai Neutral Milk Hotel, per capirsi (senza dimenticare il tocco in studio a cura di Isaac Brock dei Modest Mouse alla produzione del disco).

Loro hanno sempre dichiarato di non appartenere a nessuna scena musicale – presunta o vera che sia – ma se di nuova ondata canadese vogliamo parlare, gli Wolf Parade ci sono dentro fino al collo, senza ombra di dubbio.

Wolf Parade 

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