Un’altra versione della piña colada made-in-Grimes.
Forse non così conosciuti se non nell’ambito super-indie “made in Arbutus”, ecco un’altra formazione Montrealiana doc di sicura efficacia narrativa: i Blue Hawaii. Anche loro ancorati a quel filone di art & dream pop sbocciato sulla scia di Grimes.
Preso il nome dal film di elvisiana memoria – o forse dalla versione azzurra della piña colada –, il duo è formato da Raphaelle “Ra” Standell-Preston (la frontman dei Braids, band indie di Calgary) e Alex “Agor” Kerby (alias Alexander Cowan).
Untogether, disco d’esordio del 2010, è un fascinoso intreccio di efficacia indie pop con una contaminazione tendente al cinismo industriale di certi synth, che ben esemplificano la narrazione di amore-odio tra uomo e macchina e l’ipotetica, futura conciliazione tra i due, di cui si parla nell’album.
Try to Be – secondo pezzo in tracklist e forse quello che più tende a seguire la canonica forma-canzone – è il perfetto esempio di un album d’esordio coraggioso – per le ricerche sonore, ma soprattutto per le tematiche emotive affrontate – e di una band altrettanto ambiziosa, che cerca la sua strada a metà tra il mainstream e aperture più “colte”.