Chi è stato veramente Daniel Dumile o – chiamandolo con il nome della più famosa delle sue infinite (re)incarnazioni – MF DOOM? Probabilmente uno dei più grandi rapper e produttori a farcela senza farcela. Difficile trovare un altro artista che sia stato tanto influente e amato, quanto estraneo alle logiche del mercato discografico. Dumile è stato icona sin dall’aspetto, che (quello vero) nessuno sa quale sia. Una maschera immediatamente riconoscibile, che come ogni supereroe che si rispetti ha rappresentato anche la possibilità – letteralmente – per chiunque di essere Doom: vedi i concerti a cui spesso mandava delle comparse mascherate prese a caso al posto suo, suscitando le ire dei fan.
Così questa identità segreta è stata brand rifiutando i brand, sostituendo ai tratti somatici dell’ennesimo rapper-immagine un ideale preciso: il rifiuto di darsi in pasto, corpo e anima (e musica) ai colossi discografici. La scelta del volto metallico e del nome principale non sono state casuali: come il Doctor Doom della Marvel, celebre villain dei Fantastici 4, Dumile ha abbracciato la sua nuova identità per elaborare un rifiuto e un lutto. Simbolo di rinascita e vendetta, la completa aderenza – anche biografica – tra uomo e personaggio ha sancito l’efficacia definitiva di uno dei misteri meglio custoditi della musica.
Dumile ha attraversato come un supereroe “malvagio” quasi trent’anni di hip hop: lo ha incrociato con exploitation, fumetti, cartoni animati e sci-fi come forse solo il Wu-Tang Clan era riuscito a fare, ha collaborato con alcuni dei guru sonori più importanti di sempre e ha contribuito (insieme ad Anticon, Def Jux e altri) a plasmare un suono – quello del cosiddetto abstract hip hop – che è tra le cose più fresche e interessanti occorse musicalmente in tempi recenti.
E sempre nel suo sottrarsi alla riconoscibilità è ricollegabile la sua infinita girandola di alter ego, pseudonimi e progetti collaborativi paralleli all’identità principale di MF DOOM. King Geedorah, Viktor Vaughn, Metal Fingers, il tandem Madvillain e così via all’infinito. Dumile è stato indecifrabile e bravissimo, sfuggente e prolifico al limite della bulimia. È stato un rapper virtuoso e un produttore geniale, un talent scout mai scontato e un artista dall’invidiabile versatilità, tanto stimato e apprezzato quanto restio e svelarsi, in ogni frangente. Tutto questo fino alla sua prematura morte, a 49 anni: anche quella lontana dai riflettori, resa pubblica dalla moglie solamente due mesi dopo l’accaduto.
Questa playlist prova a mettere un po’ d’ordine in una produzione discografica tanto valida quanto caotica e abbondante: lo fa scegliendo dieci pezzi da alcuni dei suoi progetti più geniali e innovativi, spaziando tra le tante identità alternative di una mente erratica e illuminata. Allacciate le cinture, che la strada è tortuosa.