«Praticamente» ha ricordato Jack Endino «me ne stavo in regia a girarmi i pollici aspettando che qualcosa accadesse mentre loro andavano avanti a improvvisare nella stanza principale, nel tentativo di mettere insieme questa canzone. Infine tirarono fuori un arrangiamento e mi dissero: “Registra!”. E la registrammo. Nel frattempo Chris era seduto in un angolo a buttar giù un testo sulla scena musicale di Seattle e su certe feste in cui tutti fanno parte di una band, uno sproloquio velenoso di cui non si capiva nulla. Dalle poche parole che percepii aveva deciso di parlare di certi aspetti della scena che lo infastidivano, ma in un modo davvero molto curioso». Ispirata a Detroit Rock City dei Kiss, Sub Pop Rock City non raggiunge i livelli d’eccellenza di altre composizioni dell’epoca del quartetto, ma offre una fotografia bislacca e sarcastica della scena offerta col misto di partecipazione viscerale e distacco ironico tipico del grunge: «Non sono fatto», canta Cornell, «ma volevo dirvi che quando sono nello spirito adatto penso che potrei suonare lassù. Me ne vado a Seattle dove il rock è così pesante con tutti gli amici arrapati nella mia Chevy. All’XTC è festa, tutti invitati. Figo!». Ma anche: «Tutti quelli che odio sono alla festa stasera». Per aumentare l’atmosfera burlesca e la connotazione locale del pezzo, alla musica furono sovrapposte le telefonate che Pavitt e Poneman facevano in studio per capire cosa diavolo stesse accadendo.
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