Bruciare in un attimo.
Dire che gli Embrace non sono altro che il punto di transizione tra i Minor Threat e i Fugazi, dire che sono stati i pionieri dell’emo, dire che non sono altro che un side project, vorrebbe dire sminuire la portata che il disco omonimo della band americana si porta e si porterà sempre dietro.
Durato meno di un anno – dall’estate del 1985 alla primavera successiva – il gruppo di Ian MacCaye, insieme ai musicisti dei Faith (la band di suo fratello Alec), ha prodotto uno dei dischi più significativi della scena Dischord. L’ancora incontaminato (se non dai gemelli Rites of Spring) panorama dell’hardcore introspettivo ed emozionale fiorisce autentico da ogni loro sbraitata e noise abrasivo.
Sentire gli armonici sferraglianti del giro di basso iniziale di un pezzo come Building vuol dire trovarsi in mezzo alla costruzione stessa di un nuovo modo di pensare l’hardcore punk, fondamentale per il progresso del genere e dunque la generazione dei Fugazi e di tutti i seguiti della main band.
Dimenticarsi di questo disco vorrebbe dire fare un grande torto a quelle cose che nascono per durare davvero e invece, per volere della sorte, si esauriscono troppo presto. Il disco esce nel 1987 – un anno dopo il loro ultimo concerto – mentre c’era ancora chi, in cameretta, urlava «I’m a failure!», con la stessa violenza espressiva che trovava nel pogo.