A proposito del 2020.
Pare che dopo il pur notevole Froot (2015) Marina Diamandis avesse deciso di buttare tutto alle ortiche: eppure le sono bastati un paio di semestri a seguire un corso universitario di psicologia per ritrovare voglia di far musica e vena creativa.
Beh, siamo onesti: soprattutto la prima. Quanto alla vena creativa, il disco post-crisi personale Love + Fear (2019) sembrava suggerire una certa secchezza: troppo lungo, produzione piatta e l’evidente voglia di ritagliarsi un posto al sole tra le sorelline povere di Katy Perry. Un mezzo disastro, considerata la discografia, la voce, il talento anche come performer della cantante gallo-ellenica (si dirà così? Metà gallese e metà greca, insomma).
Ma siccome di questo 2020 dovremo pur dire un giorno che “ha fatto anche cose buone”, ma saremo in imbarazzo a trovarle, mettiamo tra le buone cose il ritorno della Diamandis agli standard cui ci aveva abituati quando ancora si faceva conoscere come Marina and the Diamonds.
Man’s World musicalmente abbandona l’elettro-pop più smaccato e riesuma persino qualche chitarra, mentre liricamente è tutto un susseguirsi di trending topic, dal #metoo («Burnt me at the stake, you thought I was a witch / Centuries ago, now you just call me a bitch») al #climatechange o #savetheplanet («Mother Nature’s dying / Nobody’s keeping score / I don’t wanna live in a man’s world anymore») – due temi che si uniscono nel bridge di urgente attualità:
«Spring appears when the time is right / Women are violets coming to light / Don’t underestimate the making of life / The planet has a funny way of stopping a fight».
Chiaro? Il «funny way» è il COVID. E se il testo va comunque interpretato, il video non lascia adito a dubbi: la mise voluttuosamente kitsch da vestale greca è decisamente nello stile di Marina, mentre le mascherine e il distanziamento sociale di quelli che le stanno intorno fanno decisamente 2020. L’ho messa giù in maniera un po’ sarcastica, ma è un gran bel pezzo.