Indagine su un punkettone al di sopra di ogni sospetto.
È bello il mestiere dell’avvocato del diavolo, anche perché Satana è affascinante, anzi è proprio la definizione di fascino. È facile, in un’epoca (più o meno) laica, trovare dei motivi per difendere il demonio e capovolgerlo, così come hanno fatto Milton in Paradise Lost, la Chiesa di LaVey e i Rolling Stones. Sì, insomma, autodeterminazione, affermazione dell’individuo, ricerca del piacere invece che della sofferenza purificatrice, ribellione all’autorità imposta: che c’è di meglio?
Trovare un senso alla parabola di Giovanni Lindo Ferretti è più difficile, e non è nemmeno questa la sede per farlo. È molto facile rimanere perplessi dalle scelte politiche che l’ex punkettone porta avanti, molto oltre il limite della comicità involontaria se si pensa a chi è stato prima della conversione. Non solo, riesce agevole pure pensare che siano addirittura dannose, e sicuramente anacronistiche. Tutta roba che sappiamo, e che i fan più accaniti dei CCCP/CSI hanno vissuto con sofferenza e senso di tradimento, o tentato di giustificare, o che addirittura li ha spinti a rinnegare sia l’uomo che il personaggio ingombrante e assolutamente unico che ha rappresentato per la musica italiana. Si è tentati di pensare che non ne valga la pena.
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Eppure lui, severo, ascetico e solenne lo è sempre stato. Lo era quando cantava parole di segno opposto a oggi, quando vaticinava accostando punk e minareti, quando declamava «tabula rasa elettrificata, tabula rasa mercificata», e lo è nel 2020, quando – ritiratosi dalla vita del mondo, immedesimatosi in una specie di Battiato sovranista e pro-famiglia – da Cerreto Alpi pontifica contro l’Occidente secolare e democratico e sogna «ponti levatoi e mura a protezione, piccole patrie sempre sul chi vive, risate cristalline in gelide mattine».
Abbiamo già rinunciato a capirlo o, se ci interessa, a giustificarlo. Amarlo, per qualche strano miracolo della mente, è ancora possibile, e ricordarcelo, più che mai e nonostante tutto, necessario.