Guardare in su, verso l’Everest, mentre si guarda in giù, verso la fossa delle Marianne.
Mariana Trench è la più profonda depressione oceanica conosciuta al mondo, uno dei miti più affascinanti della conoscenza umana. In questo caso è anche uno dei singoli più azzeccati di quest’anno. Ritornello a dir poco indovinato – di quelli che si fa fatica a smettere di canticchiare – bridge che ricorda a tutti che chi l’ha scritto sa suonare come si deve (e che una band che suona bene fa ancora la differenza), senza dimenticare il posizionamento nella tracklist dell’album dove si colloca al posto (e al momento) giusto.
Insomma, ancora una volta, i Bright Eyes dimostrano di sapere il fatto loro, anche quando – come qui – lasciano spazio all’aspetto più pop e radiofonico. E non si può non tornare ad applaudire un personaggio come Conor Oberst, di nuovo in forma (almeno compositiva) smagliante. E i Bright Eyes, alla decima fatica, non sembrano essere invecchiati poi tanto.
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Bright Eyes: Persona Non Grata
Down in the Weeds, Where the World Once Was è dedicato al fratello di Oberst, scomparso nel 2016 e non tiene – fortunatamente – fede all’affermazione secondo la quale non ci sarebbero più stati album dei Bright Eyes dopo The People’s Key (2011).
Per il comeback sulle scene, Conor si circonda di chi si fida (leggi: Mike Mogis e Nathaniel Walcott), in genere il modo più sicuro per riuscire in un’impresa ardua come tutti i “grandi ritorni”. Ci riesce splendidamente.