Dove si narra della grandezza di Stephin Merritt come dio del pop.
Non ho dubbi su quale sia stato il concerto dell’anno, per me: Magnetic Fields, Primavera Sound, Barcellona. Stephin Merritt e sodali che fanno tutto 50 Song Memoir in due tornate, dentro all’Auditori. Tanti musicisti, altrettanti strumenti, una scenografia tra il giocoso, l’albionico da the e il fantasioso, e Stephin Merritt che in due giorni ci espone i suoi primi cinquant’anni di vita. Con ironia, partecipazione, eleganza. Come un aristocratico della canzone (quale in effetti è).
Foxx & I è solo uno degli esempi della grandezza narrativa compressa di Merritt: un quadretto synth pop immaginifico che viene poi lacerato con dolcezza da un ritornello celestiale che parla di genere, tech e miti giovanili (più o meno). Una delle tante dimostrazioni di sapienza di un disco ricco, strabordante, che tocca tantissimi tasti della melodia e conquista spesso con semplici, piccoli tocchi.
Una di quelle cose che ti ricordano come il pop possa parlare a chiunque in una maniera semplice e profonda, se ci metti dentro te stesso. E cinquant’anni della tua vita.