Arca, musica organica, musica meccanica. Meraviglia.
Superata l’adolescenza, secondo me uno preferisce l’esistenza alla politica. Potrei metterla così per dire perché finora la musica di Arca non mi avesse conquistato: affascinato sì, che sicuramente si tratta di roba mai sentita, ma non mi era ancora capitato di perdere la testa per i suoi dischi. Per metterla giù sintetica: meglio il soul ai discorsi sull’accelerazionismo.
Invece Piel, pezzo di apertura del disco omonimo, mi ha dischiuso a una sensibilità incredibile. Quella di un’artista che sta segnando forse il nostro tempo e che ancora una volta non ha paura di mettersi in gioco.
Totalmente a nudo, con suoni e distorsioni che dovrebbero accompagnare e che invece a volte saturano e a volte trafiggono, Piel è l’esempio di un tipo di canzone che prende tutte le emotività teatrali e da canzone melodrammatica e le portano all’oggi delle nostre vite. Con un garbo e, allo stesso tempo, una voglia di sporcarsi le mani che è solo dei grandi.