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A volte è necessario approfondire. Per capire da dove arriva la musica di oggi, e ipotizzare dove andrà. Per scoprire classici lasciati indietro, per vedere cosa c’è dietro fenomeni popolarissimi o che nessuno ha mai calcolato più di tanto. Queste sono le storie di HVSR.

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Daniel Ash: Sweet Little Liar
Candele in primo piano, la gnocca sullo sfondo

Adoro l’oscurità e le ombre, dove poter essere davvero solo.

Natacha Atlas è una cantante belga da madre inglese e padre egiziano. La sua sterminata discografia solista è zeppa di sonorità arabeggianti, pur muovendosi in ambito elettronico. Ha collaborato negli anni a svariate colonne sonore per film di successo, oltre che con i Transglobal Underground, Jah Wobble, Jean-Michel Jarre e altri. Ha lasciato un’impronta di indelebile bellezza sul primo album solista di Daniel Ash che conosceva fin dall’adolescenza essendo cresciuta come lui a Northampton. È lei la bimba ritratta sulla cover di “Pop” dei Tones on Tail.


Non di certo un virtuoso in senso stretto, Daniel Ash (attenti a non confonderlo mai con l’omonimo cantante/chitarrista dei Lost Boys) è tra i pochi chitarristi della sua generazione ad aver fatto scuola, inventandosi di fatto un nuovo approccio allo strumento che verrà poi copiato da decine di musicisti in diversi ambiti musicali (chiedete a Dave Navarro).

Ex studente d’arte, buona parte delle copertine dei dischi in cui ha suonato sono opera sua e tuttora dipinge quadri sempre più allucinati. Il suo look da Ziggy in bianco e nero ha influenzato pesantemente la scena goth, diventando assieme a Murphy l’archetipo del dark perfetto.

Messi in pausa i Love and Rockets, Ash si tuffa nella carriera solista. Il primo album, Coming Down, (con Kevin Haskins ospite in quasi ogni brano) è un concentrato di tutto ciò che abbiamo ritrovato sinora nelle sue composizioni e se possibile abbraccia ancor di più il concetto di apertura musicale, passando dal rock and roll (anche se qui il tutto è prosciugato fino allo scheletro – basti sentire la title-track che si regge su una drum machine, uno scambio tra accordi secchi di chitarra e una linea appena accennata di baritona, mentre la voce, filtrata e non, canta l’argomento che più sta a cuore al nuovo Ash, la gnocca), alla musica sudamericana (Walk This Way, tributo a Oyo Como Va di Santana – curiosamente un frame del videoclip con Natacha Atlas divenne la copertina dell’album successivo), a cover inattese (Day Tripper) e reprise d’atmosfera (Coming Down Slow).

Sulla stessa linea il seguente Foolish Thing Desire, con quel singolo incredibile modello Beatles sotto acido 25 anni dopo che era Get Out of Control.

Negli anni successivi alternerà collaborazioni, album di inediti dalle venature fortemente elettroniche, riletture drastiche del suo passato (Stripped), remix, singoli e convincenti rimpatriate (i Poptone, ovvero Ash e Haskins con Diva, figlia di quest’ultimo, al basso che ripropongono Tones on Tail e qualcosa dei Love and Rockets).

Sono molte le frecce nella faretra del nostro, e tra le varie spicca la sinistra Sweet Little Liar. Atmosfera sensuale e noir per un mantra ipnotico che viene spezzato solo dalla chitarra acida e tagliente di Daniel (sezione incredibilmente mancante nel recente remaster dell’album a causa di un errore tecnico di utilizzo delle bobine). Uno di quei brani da ascoltare a volumi vergognosamente alti, magistralmente impreziosito dalla voce sensuale di Natacha.

Daniel Ash 

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