Togliendo il colore all’arcobaleno cosa rimane? Il suono.
Nel loro secondo incontro parigino, quattro anni dopo Cylene, François Bonnet a.k.a. Kasse Jaeger e Stephen O’Malley, producono un’altra infornata di musica che avvolge le nostre orecchie, persuadendoci che i due si siano tramutati in autori pastorali.
Rainbows, infatti, sembra il disegno dell’illuminarsi di una vallata, nella quale l’arcobaleno non svetta nel cielo, ma è rivelato con lo schiarirsi dei toni del terreno. Freddo, dai movimenti lenti, dal quale traspare però una cruda onestà nell’approcciarsi a un paesaggio. Potremmo chiamarla musica atmosferica, musica ambientale o con altre nome ancora. Io amo chiamarlo suono.
Suono che si sparge nel territorio, suono creato da due artisti nascosti, invisibili all’occhio di chi quel paesaggio lo vive, tanto fedeli da lasciarci l’impressione che sia la nostra testa a colorare con le note tale arcobaleno invisibile, come spesso capita quando si viene colpiti da queste sinestetiche sensazioni.
Noi, la vallata, il cielo. Laggiù, lontani, invisibili, François e Stephen, che cucinano per noi il paesaggio perfetto.