Dalle foglie alle radici.
Saper fotografare momenti, sensazioni, stati d’animo, è una delle caratteristiche più rappresentative delle canzoni di Calcutta, sin dall’inizio della sua carriera.
I cinque anni trascorsi tra Evergreen e l’ultimo Relax sembrano non aver alterato questa capacità, pur con tutte le obiezioni del caso. Calcutta è sempre se stesso, con il suo sguardo preciso sul presente e sulla realtà, con i suoi ritornelli killer, con il suo essere persona comune capace di raccontare le persone comuni, con il suo linguaggio, il suo stile, la sua forza comunicativa.
Eppure, è anche un Calcutta nuovo, più consapevole e più maturo nella scrittura e negli arrangiamenti, e forse più disilluso e malinconico. Persino meno immediato nella componente espressiva e dunque più complicato nell’entrare in istantanea sintonia con i sentimenti dell’ascoltatore, come da sempre nella sua cifra stilistica.
In questo senso, 2minuti mette insieme quello che è stato e quello che Calcutta sta diventando: un cantautore che sa estrarre un momento specifico e raccontarlo da punti di vista diversi, che sa essere scanzonato, che sa imprimere ritornelli nell’immaginario collettivo, ma anche un artista desideroso di mostrare un’evoluzione compositiva e musicale e che dunque, merita un ascolto diverso.
Per farlo, si serve di sonorità che rimandano alla fine dei ‘70 e ai cantautori che in quel periodo componevano pezzi di storia della musica italiana, come se ci mostrasse le sue nuove foglie a partire dalle radici.