La conferma che il rock’n’roll ha fatto bene a vendere la propria anima ai piani bassi.
Affascinanti come i misteri occulti, i Blood Ceremony hanno passato gli ultimi anni a passeggiare tra i confini del passato e del presente della musica heavy. Formatisi a Toronto nel 2006, sono stati rapidamente annunciati come un gruppo retro-rock di alto profilo, armati com’erano di un suono che incorporava la potenza guidata dai riff doom, il bagliore stordito e il calore psichedelico, la fiaba timbrica del flauto, il tutto rimescolato dalla magia dell’acid folk e del prog radicale.
Insomma, tutto come era nei mitici anni Settanta. Che poi uno dice che si è troppo “moderni”. Ed è stato, ad esempio, in compagnia degli amici Uncle Acid & the Deadbeats (anch’essi al passo con i tempi rétro), che i canadesi, capitanati dalla mistica Alia O’Brien, sono tornati recentemente nel nostro paese a far ricordare tutti di che pasta è fatto il loro flute-tinged witch rock.
Sono passati sette anni dall’ultima volta che i Blood Ceremony hanno pubblicato un disco completo, ma tutto sembra al posto giusto per colpire nel segno: infatti il loro quinto album (The Old Ways Remain) fa indubbiamente centro. Questo grazie a intuizioni di songwriting preciso e mai troppo “fuori tempo massimo”. A tal proposito, Power of Darkness è un po’ il singolone che si offre come baluardo della potenza espressiva del lotto.
Classico esempio di pop rock occulto e velenoso, offre l’aspetto più diretto e radio friendly del nuovo lavoro e mantiene un’atmosfera fascinosa che stuzzicherà non poco l’interesse di tutti i fan del genere. L’organo è al suo posto e la voce e il carisma della O’Brien spiccano ancora una volta come un fiore unico. Un fiore del male, ovviamente.
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