La dimensione sacra dell’elettronica.
È Sightseer l’ultimo singolo estratto dal terzo album dei Nation of Language, Strange Disciple: forse potrebbe sembrare scontato dirlo a questo punto della loro carriera, ma si tratta dell’ennesima conferma della conquista da parte della band newyorkese di un posto nel paradiso della musica elettronica.
A differenza degli altri brani, Sightseer si compone di atmosfere rarefatte, sospese. La melodia, intarsiata con una precisione chirurgica dai sintetizzatori, non rimane confinata all’alternative. Il terzo lavoro vuole essere una dimostrazione della raggiunta maturità del gruppo, del cambio di direzione che si disloca rispetto alla vita urbana e caotica della metropoli per intraprendere una strada mistica, quasi sacrale, come conferma il suono dell’organo che prende vita nella canzone.
Ad accompagnare la creazione di questa dimensione è anche la voce di Ian Richard Devaney, profonda e intensa, spezzata dalle frasi trattenute tra i denti, lasciate andare a fatica, mentre canta le parole di un testo che riesce a legare insieme immagini spirituali e sentimenti ridotti a brevi istanti persi nella memoria, ormai inafferrabili ricordi.
«Before the clock goes round, I feel in the night» sono le parole con cui Sightseer si chiude. Mentre il sole cala sull’America e i respiri si fanno più lenti per riuscire a percepire la notte in tutto il suo mistero, i Nation of Language dimostrano di aver trovato la formula perfetta per rivelare la loro identità sonora ed espressiva.