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Parquet: Miami Vice
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Sono in sette da Lione, amano la techno suonata, Sonny Crockett e Rico Tubbs.

I francesi Parquet giocano letteralmente con la musica. Fondati nel 2014 dal batterista Sébastien Brun e attivi ora con un collettivo che comprende ben tre chitarre (tra le quali quelle di Nicolas Cueille), bassi, sintetizzatori ed elettronica, suonano una sorta di techno, se per “techno” possiamo intendere una musica trascinante, ballabile, libera da composizioni stereotipate.

Allora sì, i Parquet suonano techno, ma soprattutto ci servono, con Miami Vice, circa sei minuti e mezzo di crescendo spasmodico, rotto in tratti che ci aiutano a ricaricarci di energia, quasi come serbatoi di un gioco digitale abilmente arricchito da Simon Henocq. Quando poi il tutto si sporca facendo entrare sample più distorti, il funzionamento è assicurato. Certo, la base è buona; e anche se una volta preso il ritmo il fermarsi è cosa bruttissima, ricominciando si può godere del suo iniziale ritmo spezzato, di quanto succeda nello schermo che andiamo a osservare, di come va via via arricchendosi la profondità del basso di Jean-François Riffaud, della crescente drammaticità dei tocchi di Guillaume Magne e di Clément Edouard fra corde, note e pulsanti, del treno di beat che ruggisce dal quarto minuto in poi, degli stacchi di Julien Desprez.

Cosa? Credete che abbia fatto ripartire il brano e allungato l’articolo solo per citare tutti i musicisti coinvolti? Non diciamo eresie, che Miami Vice è già ricominciata dall’inizio e vi stavo dicendo di Lione, terza città più popolosa della Francia, posta alla confluenza dei fiumi Rodano e Saona… scherzo! Meglio fermarci qui: provate a togliere voi il repeat se ci riuscite.

Parquet Sébastien Brun 

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