Rileggere i Banshees e farlo con stile.
Negli ultimi anni finalmente il culto dei Siouxsie and the Banshees ha ricominciato a fiorire anche al di fuori dei soliti giri dark, e a ragione. Tra passaggi televisivi (la Spellbound di Stranger Things) e tour solisti della Nostra andati sold out in pochi minuti, sembra che la fame dei fan nei confronti della regina della notte sia tornata più che mai.
E chi se non la Cleopatra Records – nota per fiutare il guadagno facile dato dalle raccolte a tema – poteva immettere sul mercato l’ennesimo album-tributo dedicato alla seminale band post-punk inglese? Detto fatto: Spellbound è pronta per saziare parzialmente la voglia di Susanna.
Va detto che a differenza di altre operazioni simili, questa compilation ha più reinterpretazioni valide rispetto ai meri riempitivi, grazie anche a nomi affidabili come Tim Sköld, Kap Bambino, Xiu Xiu e Jah Wobble (P.I.L.) con Jon Klein (ex Specimen, che dei Banshees fu chitarrista nel periodo ‘87-94 – di fatto il più longevo di tutti i chitarristi passati sotto la band di Severin e soci).
Ma a colpire maggiormente è la prova dei Nouvelle Vague, che riprendono Night Shift riuscendo a darne una lettura davvero personale ed efficace. Il classico di JuJu viene qui messo a nudo, spogliato degli splendidi barocchismi gotici e riproposto in una chiave acustica in tinta noire. L’ambientazione è una torrida notte d’estate, i versi sussurrati e gli strumenti elegantemente pizzicati quel tanto che basta per trasformare gli incubi in sogni disturbati a occhi aperti, una colonna sonora del terrore messa in scena da una band fasciata in abiti da sera sgualciti da stanchezza, umidità e disincanto: per una volta, qualcosa di davvero imperdibile.
Chissà che ne avrebbe pensato lo squartatore dello Yorkshire.