New Music

Una volta alla settimana compiliamo una playlist di tracce che (secondo noi) vale davvero la pena sentire, scelte tra tutte le novità in uscita.

Tracce

... Tutte le tracce che abbiamo recensito dal 2016 ad oggi. Buon ascolto.

Storie

A volte è necessario approfondire. Per capire da dove arriva la musica di oggi, e ipotizzare dove andrà. Per scoprire classici lasciati indietro, per vedere cosa c’è dietro fenomeni popolarissimi o che nessuno ha mai calcolato più di tanto. Queste sono le storie di HVSR.

Autori

Chi siamo

Cerca...

Margaret Glaspy: I Didn't Think So
Sto comoda così

L’arte dimenticata di mantenere i segreti.

Se Elliott Smith fosse stato una donna probabilmente sarebbe stato Joni Mitchell. E viceversa. Se entrambi si reincarnassero oggi nel corpo di una stessa persona, questa sarebbe Margaret Glaspy. Le sue canzoni condividono la stessa onesta (nel senso di devastante), intima – ma mai autoindulgente – autoreferenzialità del primo, quanto la creatività nell’intonazione melodica della seconda.

Anche a livello di testi, Margaret è capace di passare – senza perdere minimamente in efficacia – dal racconto distanziato in terza persona a una profonda analisi di sé a cuore aperto. Infatti i suoi lavori sono, prima che altro, fondamentalmente dischi di storie – che siano proprie o altrui non fa molta differenza –, nel senso di songwriting più caro alla tradizione folk americana. Eppure sconfinano (sapendo di sconfinare e soprattutto sapendo come sconfinare) placidamente oltre i confini di un rock’n’roll al femminile dove il concetto di “ragazza con la chitarra” ha storicamente calato i suoi assi migliori.

Sì, perché nel suo caso la relazione (a tutti gli effetti sentimentale – ascoltare per credere) chiave non è tanto quella tra i personaggi che animano i testi (lei? Un amante? Un latente rimorso? Una sana, colpevole disillusione?), quanto quella tra lo strumento che immancabilmente imbraccia e la voce che riesce a tirar fuori da dentro: il primo ha un suono primitivo – tutt’altro che amatoriale, ma nudo e crudo – e compensa la seconda, quando ce n’è bisogno, pur lasciando tra un riff e l’altro tutto il tempo e lo spazio (dilatati o compressi, sempre quelli giusti) per un cantato a volte sommesso e rassegnato, a volte gridato e potente.

Possiamo tirare in ballo Angel Olsen, Adrianne Lenker, Soccer Mommy, perfino Torres in certi momenti in cui il pedale della distorsione si prende la scena. Ma per trovare i nomi giusti a cui accostarla dobbiamo risalire la corrente fino a quei primi anni ‘90 in cui lei era poco più che appena nata: Alanis Morrissette, Ani DiFranco, Suzanne Vega. Reminiscenze (ormai) quasi ancestrali rimesse in pista grazie all’unico carburante in grado di fare sul serio la differenza, a questo punto: un’imprevedibilità stilistica difficilmente catalogabile, quasi ai limiti del vezzo anarchico. Tagliare e fondere insieme influenze e idee, suoni e algebre distortamente poetiche in un corpo unico, ma quasi inafferrabile, anche se in grado di attirare tutta l’attenzione fin dal primo istante.

Echo the Diamond è già il suo terzo disco, eppure, a nominarla in giro, pare di stare a svelare il segreto meglio custodito dell’indie rock. Di fronte a tutto questo talento, sarà possibile mantenere il profilo così basso ancora per molto? I don’t think so.

Margaret Glaspy Torres Soccer Mommy Angel Olsen 

↦ Leggi anche:
Angel Olsen: Shut Up Kiss Me
Soccer Mommy: Your Dog
Jeff Ament: Safe In The Car
Angel Olsen: Lark
Sharon Van Etten & Angel Olsen: Like I Used to
Sharon Van Etten: Femme Fatale

Ricevi le newsletter di Humans vs Robots. Scrivi qui sotto la tua mail e clicca "Iscrivimi".

Nelle ultime 24 ore si sono iscritte 2 persone!