Devi morire, inutile segnartelo.
Spesse volte l’ascoltatore di musica con una coscienza si ferma a riflettere, soprattutto se si parla di metal estremo. Non sarebbe meglio mettere nel cassetto dei ricordi i grandi vecchi e focalizzarsi sulle nuove leve? Lasciare spazio alle giovani band invece di riempire il tempo con cariatidi sgarrupate? Certo che sì, in teoria. Ma poi arriva a gamba tesa la pratica, e fa terra bruciata.
Perché i Marduk stanno in giro dal 1990, ma riescono ancora a pettinare senza sforzo ragazzini che in teoria dovrebbero essere più incazzati ed energici.
Il nuovo album è micidiale e riporta alti i fasti dei Nostri: un lavoro superiore al pur buono Viktoria e che sembra essere il degno successore di Plague Angel. Poco importa che qualcuno continuerà a lamentarsi che i tempi di Panzer Division Marduk o Heaven Shall Burn… When We Are Gathered siano ormai lontani. Grazie, vent’anni e passa sono molti per tutti, e la presenza di Daniel Rostén a.k.a. Mortuus dietro al microfono dal 2004 fa suonare il tutto come un’estensione dei Funeral Mist, o meglio quasi come una fusione delle due cose. Ma che importa quando la qualità del prodotto finito è così alta?
Chiacchiere da bar che vengono spazzate via da brani come questa Memento Mori, title track che mette subito in chiaro le cose: qui si fa sul serio. Tre minuti e mezzo che non solo non vi faranno rimpiangere i bei tempi andati, ma che – uniti alla compattezza dell’album tutto – vi faranno compagnia a lungo, mettendo a dura prova la vostra cervicale.
Chi è l’anziano ora?