Il gelo sul dancefloor.
Con le temperature che si innalzano a rotta di collo, non è di certo un’idea esageratamente brillante chiedere consigli per l’outfit ideale ai Vandal Moon, duo californiano che decide di combattere il caldo con un bel trench di pelle e un paio di occhialoni da sole per proteggersi almeno dai raggi UV.
D’altronde, a dar loro refrigerio ci pensa la nuova Heroine Dancer, sei minuti di immersione in un dancefloor coltivato a stalagmiti di ghiaccio e azoto liquido, un tentativo – ben riuscito – di riaccoppiare l’elettronica degli Eighties alla synthwave più tenebrosa.
Immaginatevi di catapultare i Depeche Mode e i Cure di Pornography dietro a una console di Awakenings, di reclutare Drab Majesty per prestargli il vocione imponente e quell’intingolo coldwave in cui puccia la sua penna.
Infine, di spruzzare il tutto con la sempreverde – o “semprenera”, se vogliamo – essenza goth che affida al pezzo una sensualità morbosa, distaccandolo da una semplice hit da playlist fatta alla bell’e meglio su Youtube e rendendolo più un timoroso susseguirsi di spasmi nel buio, un aggrovigliarsi di corpi tortuoso, oscuro, fottutamente sexy.
Il kick ossessivo, i sintetizzatori che spruzzano acido sulla drum machine, il ritornello che martella in testa come un disco che si rompe e rimane in loop sullo spezzone giusto: gettate il ventilatore dalla finestra e scuotete il ventaglio plumbeo dei Vandal Moon.
Vandal Moon The Cure Depeche Mode Drab Majesty
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