Mettiamola sul personale.
Il momento in cui un artista pubblica un album che ha per titolo il proprio nome di battesimo e come immagine di copertina una foto di se stesso da bambino coincide quasi sempre con un lavoro dai contenuti personali, dentro cui mettersi a nudo e mostrarsi più come essere umano che come personaggio.
Michael di Killer Mike non fa eccezione da questo punto di vista ed è una gran bella storia. Sia perché – seppure del rapper statunitense abbiamo ascoltato molto in questi anni, specie grazie allo strepitoso duo con El-P che ha dato vita ai (finora) quattro capitoli del progetto Run the Jewels – un album solista di Michael Render mancava dal 2012. Sia perché, soprattutto, un disco fortemente ispirato e contaminato come questo non deve assolutamente passare inosservato.
Contenuti personali e contaminazione dicevamo: una sintesi dentro cui racchiudere certamente un brano come Shead Tears, anche se fortemente riduttiva. Fantasmi del passato che ritornano, rapporti conflittuali, dolori e ricordi letti con la consapevolezza della maturità e con la forza di chi ha saputo rialzarsi dopo ogni caduta («Face to face with fate / Had to face my fears»). Una raffica incessante di rime e di parole che pesano come pietre, messe una dietro l’altra attraverso un flow straordinario.
Lo stile tagliente di Mozzy e la voce, bellissima, di Lena Byrd-Miles, a dare al brano una veste soul che rende tutto più struggente, potente fortemente evocativo. E fare in modo che ogni nota e ogni parola colpiscano in profondità.