Come affrontare il passato in un modo sul serio creativo.
Quando pensi al triste fenomeno dei cervelli in fuga dall’Italia, Valentina Magaletti rappresenta un caso esemplare. Un quarto di secolo fa lasciava la Puglia per Londra con nella valigia bacchette, batteria e un’idea di una musica sperimentale che stimolasse l’intelletto ed elargisse emozioni, sull’onda di un jazz “spirituale” che parecchio ha contato nella sua formazione.
La ragazza, infatti, bada alla sostanza e quindi può vantare un curriculum nutrito e multiforme, che spazia dai Tomaga con lo sfortunato Tom Relleen ai Vanishing Twin passando per Moin, Frequency Disasters, V/Z e l’attività solista. Insomma: Valentina non dorme, e se per caso si assopisce al risveglio avrà di certo cose interessanti da proporre.
Come gli Holy Tongue, allestiti nel 2018 con Al Wootton all’elettronica e che, recentemente raggiunti dal bassista Susumu Mukai, la scorsa primavera hanno recapitato Deliverance and Spiritual Warfare, splendido esordio sulla lunga distanza che in un contesto di dub “mutante” centrifuga suggestioni jazz, scheletri funk, echi kraut, slanci techno e memorie post-punk con intelligenza strutturale, acuto senso del groove e vigore esecutivo.
Molto a grandi linee, immaginatevi una fusione tra ESG e 23 Skidoo con il beneplacito di Adrian Sherwood, però con un approccio e dei risultati assolutamente contemporanei. Al di là di ogni riferimento, pensate a qualcosa di bello che, com’è giusto che sia, distilla la propria originalità da floride radici.
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