L’amore per conto terzi.
Un luna park, un walkman, un racconto agrodolce. Voce e mani sono quelle di Max Clarke, che con una verve vagamente Fifties passeggia: cuffie in testa, camicia rossa, canotta bianca e sguardo piuttosto accigliato. Tutt’intorno la fauna si diverte, lasciando l’impressione – viste le età dei partecipanti – che si tratti di una bizzarra distopia. La signora in viola sta cercando qualcuno, forse è proprio Max il suo spasimante, che canta di non poter vivere senza di lei, spezzato in due dalle pene dei sentimenti. Ma all’incrocio lei è agitata, lui capisce, corre in alto e riesce a vedere il compagno della signora. È un angioletto riparatore, il caro Cut Worms: canta l’amore per gli altri, rimanendo solo in mezzo a giostre che non lo scaldano, facendo quanto dovuto, su accordi lineari, con una voce sentita che sembra venire da un altro tempo, un tempo in cui tutto sembrava funzionare e forse anche lui avrebbe trovato qualcuno all’uscita.
Ma ormai siamo nel 2023, in un mondo dove a garantirgli la sopravvivenza è solo la qualità di una musica che oltrepassa canoni stilistici e annate, diventando subito un classico minore. I’ll Never Make It è una ballata classicissima, fatta di arie passatiste che mai comunque risultano vecchie: roba che a chiudere gli occhi si potrebbe presumere ciuffi e giubbotti, sguardi da duro che si fanno a cuoricino, con una vena di tristezza a rigargli il volto. Ma non è questo il caso: anche per oggi il nostro Cupido ha fatto il suo dovere e può andarsene a lenire altri dolori e altri amori, altrove. Lo fa da dieci anni, e nel suo lavoro è parecchio bravo: finora nessuno che è stato colpito dalle sue frecce si è ancora mai lamentato.