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Una volta alla settimana compiliamo una playlist di tracce che (secondo noi) vale davvero la pena sentire, scelte tra tutte le novità in uscita.

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A volte è necessario approfondire. Per capire da dove arriva la musica di oggi, e ipotizzare dove andrà. Per scoprire classici lasciati indietro, per vedere cosa c’è dietro fenomeni popolarissimi o che nessuno ha mai calcolato più di tanto. Queste sono le storie di HVSR.

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Cornelius: All Things Must Pass
La mia musica mi rispecchia

L’arte della misura, la misura dell’arte.

Molto probabilmente l’aspetto della musica “made in Japan” che affascina in maggior misura gli occidentali è un approccio che pesca suggestioni da culture distanti, se ne appropria e infine le conduce a estremi di spiccata originalità. Di conseguenza, il pop è caramelloso ma gustoso, l’avanguardia non fa sconti a nessuno e nel giusto, inesatto mezzo spesso trovi artisti geniali. In tale policromo quadro, Keigo Oyamada a.k.a. Cornelius (classe 1969 che deve lo pseudonimo al film Il pianeta delle scimmie e figura tra i pionieri dello Shibuya-kei) possiede un’invidiabile naturalezza nel mescolare di tutto e di più con equilibrio e misura.

Keigo non conosce distanze tra hip hop e pop prefissato retro e/o avant, (kraut)rock e colonne sonore, arredo acustico ed elettronico, Brasile e jazz. Seppure con grazia, ha tenuto a sottolinearcelo attraverso una discografia di alto livello, decine di remix da applauso e collaborazioni prestigiose con Yōko Ono e, per venire al punto, con la Yellow Magic Orchestra.

Tra gli apici del recentissimo Dream in Dream, All Things Must Pass è infatti dedicata allo scomparso Yukihiro Takahashi: ponderazione dolceamara sulla vita che viene e soprattutto se ne va, è una sfoglia di moderno pop tecnologico che cita nel titolo George Harrison porgendosi allo stesso tempo sinuosa, accorata, profonda. Il tipo di canzone che David Sylvian non vuole più scrivere, se vi va. Ma meno male che c’è Cornelius.

Cornelius David Sylvian George Harrison 

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