In fondo, la terra promessa non è poi così lontana.
Già con Your Hero Is Not Dead del 2020 Will Westerman dava dimostrazione di come si potesse sviluppare un linguaggio coerente con il proprio presente, pur attingendo da un vocabolario emotivo antico, e ricreare così l’ambiente perfetto in cui coltivare una propria scrittura sensibile e aperta al mondo. Quelle canzoni, così sospese sulla superficie sintetica di un sommesso electropop, conoscevano un notevole livello di profondità, oltreché una marcata reinvenzione delle proprie origini fortemente debitrici di un nume tutelare che risponde al nome di Peter Gabriel.
Con il nuovo An Unbuilt Fault, Westerman si avvale dell’apporto di James Krivchenia dei Big Thief e Luke Temple degli Here We Go Magic per compiere un percorso di maggiore complicazione e spinta verso il confine con un territorio fertile in cui spicca maggiormente l’elemento folk filtrato da uno spettro cantautorale che passa dai Fleet Foxes sino a Bon Iver. Tutti nasciamo con una zavorra esistenziale, chi crede in Dio lo chiama peccato originale: An Unbuilt Fault parla proprio della fatica e della gioia di liberarsi dalle scorie che ci rendono infelici. D’altronde, «we all could agree there are things in the way», canta Will.
Lungo tutto il brano troviamo la sentita coralità di Robin Pecknold e la raffinatezza jazzy di Father John Misty, con le voci che si sovrappongono lungo il tracciato di un cammino che conduce a un’ideale riconciliazione con se stessi, in una nuova terra promessa. Gli oltre sei minuti costituiscono un microcosmo emotivo, cristallino e sfaccettato, fatto di chitarre acustiche e minimi inserti ritmici che simulano l’incedere di un respiro che aumenta gradualmente di intensità. Il centro pulsante è tutto nella voce di Westerman, che verso la parte finale abbandona il falsetto per scendere di registro e acquisendo maggiore sostanza. An Unbuilt Fault è quella danza ancestrale attorno a un fuoco acceso per tenere lontano immaginarie belve feroci pronte a divorare l’anima.
A supporto dell’album si segnala l’appendice visiva An Unbuilt Fault, A Short Film diretto da Edwin Burdis, il quale cura anche le animazioni.