Da Oxford, leggeri come sacchetti nel cielo.
Gli Stornoway sono un quartetto britannico che con questo brano ci trasporta letteralmente in un mondo fatato e doo-wop.
Nati nel 2006, si sono battezzati così dall’omonima cittadina delle Western Isles, fondata dai Vichinghi nel IX secolo. Legati all’idea di vita isolana, hanno in carriera composto un brano, The Good Fish Guide, che elenca le specie minacciate di pesci nel tempo presente (i proventi sono andati alla Marine Conservation Society). A settembre arriverà il nuovo lavoro, ma l’entusiasmo per questa scoperta è stata tale che abbiamo deciso di iniziare a svelarvi qualcosa di loro.
Astratti, bizzarri, solari, partono con un coretto, poi una chitarra grattugiata e le armonie vocali di frontman e coristi. L’istinto primordiale è quello di ancheggiare, storti da un tastierino brutalmente seviziato ma di certa ripresa, con un ritmo e una melodia che più classico non si potrebbe.
A un certo punto sembra ci si innalzi in volo, forse a causa del troppo elio ingoiato a merenda. Gli Stornoway giocano con la materia pop come chi risolve un cubo di Rubik in sette secondi. Noi, inebetiti dallo zucchero, dal gas, dal sole, godiamo di questa unione che ricorda – per qualche secondo lungo giusto un flash – il mondo gallese dei Gorky’s Zygotic Mynci, l’Elephant 6, il Rat Pack e qualsiasi cosa possa venirci in mente nell’ambito della bellezza pop.
Imperativo a questo punto recuperare i lavori precedenti e ammonire mentalmente gli amici e le amiche che ancora non ci avevano detto nulla di loro. Non faremo più questo sbaglio, né noi umani, né i robot.