Uno scorcio temporalesco dei tempi che furono (ma con il ritornello che non ti aspetti).
Gli In Flames hanno sorpreso (quasi) tutti nel 2022, pubblicando un lavoro come Foregone, che è il ponte possibile in mezzo alle nebbie della rimozione e del rigetto coltivato con grande impegno dal 2002 a oggi. C’è un po’ di Clayman, qualche barlume di Colony e molta rabbia genuina come non gli si sentiva incidere da parecchio tempo. Non sorprende quindi questa collaborazione con Nita Strauss, nota per essere la chitarrista biondona e piuttosto avvenente del vecchio Alice Cooper.
Questo brano sembra spingere ancora indietro la memoria di Fridén ai tempi in cui la band cominciava a pasticciare con l’elettronica ma ancora pestava di brutto con riff cavallosi e tuppatupa dell’ormai vecchia scuola svervegica di Götheborg. Epperò il bello e il brutto di Fridén è proprio questo suo bisogno di rompere il sogno a ritroso ogni volta. Accade anche su Foregone, non vi illudete. Ecco, quindi, il ritornello canterino, con l’ugola del simpaticone che osa dove non ha praticamente mai osato, nemmeno nei dischi più poppeggiarmente frustrati degli In Flames (vedi Siren Charms).
Il risultato? Se una canzone è buona, tutta questa voglia di scrutare nella tessitura sonora, catalogando riff e melodie in compost datati 1998 o 1995, perde di senso. Così invece ne guadagna la smania di Fridén di mettersi sempre in gioco, magari cimentando le sue corde vocali debolucce in lidi dove sarebbe stato meglio non addentrarsi mai.
In tutto ciò, Nita Strauss quasi non si nota, nemmeno nel video.
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