Vecchia scuola con dignità.
I Jag Panzer sono una band storica («quasi dei classici minori!!1!!!11») o almeno questo vi racconterebbero certe categorie di metallari revisionisti, che preferiscono vivere in un mondo di nuvolette e di draghi sputafiamme dove i giusti ricevono, per quanto in ritardo, ciò che meritano.
La verità è che questo gruppo non ha rappresentato granché nella storia del genere, nonostante sia stato attivo negli anni ‘80 con un disco di culto e ben undici titoli realizzati dal 1994 a oggi. Sicuramente meritano il fatidico “respect! 🤘” con tanto di cornine accanto, ma la stima e la decisività storica sono ben altre cose. Che poi, attribuendo ai Panzer uno spessore da classici, non si fa loro un favore, dal momento che si carica di eccessive pretese il pubblico di fronte a ogni loro uscita, fin qui sempre onesta, discreta, da bravi mestieranti che non hanno perso mai il gusto per una certa marginale militanza e fedeltà alla causa.
Un brano come Edge of a Knife non aggiunge nulla all’enorme calderone fumante di spade e stregonerie che le etichette continuano a far colare sulla nostra crapa pelata e vetusta di vecchi headbangers con l’abbonamento dal fisioterapista di fiducia. Un pezzo del genere però mostra un’innegabile autenticità.
I Jag Panzer imbroccano una melodia nel ritornello così vivace e coinvolgente, da sollevare il loro ennesimo singolo di lancio, dal guazzabuglio priestiano in cui l’avevano principiato. “Vecchia scuola” non significa infatti copiare lo stile e le idee dei grandi maestri, ma usarne i medesimi vecchi strumenti, nel tentativo di cavar fuori dall’inferno qualcosa che valga ancora la pena cantare in faccia a un Dio (del metal) che si dica ormai sordo, se non proprio morto.