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Butcher Babies: Red Thunder
Borchie e botox

Un tuono rosso che scuote la quiete disneyana.

Nonostante siano sempre state viste come due bonazze pornazze con la doppia cassa sotto, le Paola & Chiara del metal proseguono, disco dopo disco, a guadagnare credito tra il pubblico misogino del metallo duro.

Ecco infatti che i Butcher Babies (e non le Butcher Babies, come viene quasi a tutti da scrivere), sono di nuovo tra noi, dopo una pausa di cinque anni in cui buona parte del pubblico metal più puro ha sperato si fossero sciolti e avessero lasciato perdere ‘sta storia del groove in giarrettiera. E invece, dopo un lustro tondo tondo, riecco il gruppo delle due singer baudiane (la bionda e la mora) che ripartono più o meno con la stessa mistura di Pantera, metalcore e tette.

Red Thunder sembra una figurazione acustica del menarca, ma forse viaggiamo un po’ troppo con la fantasia. I tuoni sono metal e anche i lampi, quindi ci sta che le due front-girl più sexy in circolazione blastino il nostro pericolante virilino borchiato con un ritornello da cantare tutti in coro, noi e le nostre sorelle mano nella mano, tipo ai bei tempi degli Evanescence. E poi giù di breakdown per chiudere la festa.

Il tuono comincia a rumblare e il deserto vomita visioni lascive degne di Satanasso. La fisicità ha rinunciato ai petti villosi e le chiappe scoperte dei Manowar in sostituzione delle panze birrose e le barbe sporche di sugo e di vomito dei Red Fang. La scultorea bellezza dei vecchi del metal anni ‘80 è ormai puro appannaggio delle ragazze, che non raggiungeranno mai la sensualità debosciante delle L7, ma riescono a spingere in alto i nostri sogni ariani alla Frazetta.

Butcher Babies 

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