Musica dalla brughiera, dove tempi e storie si mischiano, confondendo gli umani.
Foschia, un pianoforte, quella voce.
Brigid Mae Power è nata a Londra da genitori irlandesi e in Irlanda è poi tornata. Padrona di codeste mani e tale ugola, costruisce da anni un suo immaginario fra musica folk, limpidezza pop e classici fuori dal tempo come – per dirne una – riusciva a fare Eva Cassidy. Abbiamo il soul, l’anima, l’impressione che questa canzone sia in qualche modo una preghiera, un rivolgersi al mondo, al territorio, al destino. A tratti le bave d’archi che ornano la voce danno al tutto l’aspetto di una strenna colma d’amore e di sofferenza.
Forse con il tempo siamo diventati meno avvezzi a questo tipo di espressione e di calore, forse anche per questo determinate musiche ci appaiono in qualche modo desuete. Forse basterebbe prendersi 20 minuti di ripetizioni per trovare la chiave di questo brano, quella del nostro cuore e aprire tutto. Quanto di meno estivo e fresco possiate immaginare, quanto di più toccante possiate sognare.
Le isole sopra al continente europeo, dopo Alasdair Roberts e Richard Skelton, stanno ricostruendo un panorama coinvolgente, arcaico e brumoso, che crea dipendenza e languore. Smaniamo per le prossime. Sarebbe bello avere la famiglia di Brigid che abita accanto a casa propria. E magari nel freddo, aspettando la primavera seduti in giardino, una tazza di caffè bollente tra le mani, sentire Brigid e il marito Peter Broderick buttare qua e là qualche poesia.