Paganesimo russo alle soglie del regno mortale di un’estate pavesiana.
Gli Arkona (ma si dovrebbe scrivere Аркона) sono una band paganista sovietica black metal che, dalle steppe di un tempo avanzato, illanguidisce l’ira di dei antichissimi, imbastendo ninne nanne su tappeti di doppia cassa e rutilando spunti filosofici tramite ugole affamate di lenitivi all’eucalipto. In questa suite di oltre dieci minuti dal titolo enigmistico Mor c’è un po’ di tutto: arpeggi che aprono scenari minacciosi, decadenti intermezzi femminili che sembrano provenire dalla stanza in fondo al corridoio (quella dove morì la zia e in cui non entra più nessuno da troppo tempo) e poi accelerazioni in stile Darkthrone (o metteteci qualche altro nome storico del black nordico) e un riff scippato ai vecchi Metallica.
La girandola musicale di Mor vi piazzerà sulla groppa di una strega, scarrozzandovi nel fitto della foresta russa, tra betulle e colbacchi muschiosi, orge trollalleriche, vi lascerà spossati e terrorizzati tra le gambe di una gigantesca gallina dal petto a forma di casa e lì saranno cavoli vostri. Proverete a ritrovare la strada ma sarà abbastanza inutile, poiché tra voi e quell’inizio atmosferico ci sono troppi cambi e troppe idee. Dovrete comunque levarvi da lì quanto prima e non vi resterà che proseguire seguendo l’invitante suono di qualche strumento a fiato ucraino (al minuto 8 e 11 secondi), tra le brume zanzarose, sperando che sia la festa di un qualche villaggio sperduto e non lo zufolante rituale di una setta fuori di testa.
Gli Arkona sanno ipnotizzare il pubblico pensieroso in cerca di nuove suggestioni spirituali. Mor è una linea guida verso un rifugio di preghiere a mani giunte piene di sangue. Inginocchiatevi e non guardate la cosa davanti a voi. Aprite il cuore e accogliete il suo bisogno di carne cruda. Datele ciò che domanda e sperate di essere risparmiati dalla sua sacra benevolenza.