Fantasy-metal sanguinario e picchia-duro.
Gli Exmortus sono una bella bestia. Potrebbero essere i nuovi Judas Priest se non usassero la classica voce swedish-death e non puntassero tutto sempre e solo su un’estetica tematica alla Conan il barbaro quando gli girano veramente.
Viviamo anni in cui il metallo è diventato davvero specialistico e monotono. Ci sono gruppi che non cambiano una virgola dal primo brano del primo disco in poi, magari per vent’anni e dieci dischi. Probabilmente il talento di Jadran Gonzalez gli permetterebbe di liberare suggestioni molto più stimolanti del consueto ABC heavy ‘80-‘90, se si fosse formato in uno di quei decenni che celebra liturgicamente senza averli vissuti. Essendo figlio degli anni Duemila, eccolo incastonato in un orticello nostalgico a ripetere il compitino ortodosso heavy mental, e pregare che qualcuno continui a gradirlo assieme a una birra smosciata da festival provinciale.
La cosa del talento imbottigliato e castrato si evince dal vocione perentorio che Jadran riesce comunque a intonare ogni volta, non tanto con il gozzo, quanto con le dita svisanti e riffanti. Quando infila nel carnaio di questo mondo un altro disco truculento e fiero degli Exmortus è innegabile che il tutto trabocchi di potenzialità inespresse. Peccato la band si accontenti di ripetere sempre la stessa idea e tenere a galla un progetto statico e routinario che, nel caso specifico, dal 2008 a oggi, non cresce e non crepa.
Eppure questo brano, Mind of Metal, possiede un’innegabile freschezza, è pungente e nutriente. Potete farlo uscire dalle finestre della vostra casa a volumi che vanno oltre la soglia di protezione impostavi da Spotify, quando il mondo vi sembrerà troppo tranquillo.
Sono poche le band che sappiano menare il nuovo giorno verso territori oscuri e cruenti come gli Exmortus quando si esprimono al massimo delle loro possibilità. Non succede spesso, ma quando succede, si salvi chi può. Conan arriva e ha fame di ossa frantumate e donne calde da spupazzare per contorno.