Riaccendere la fiammella dell’amor proprio.
«But I made my whole world safer for everyone but me».
Innamorarsi perdutamente (a livello musicale) di Alice Phoebe Lou è, già di per sé, di una facilità disarmante. Ora, provate a immaginare se questa decida di far scivolare a terra quell’invisibile corazza che sorveglia gelosamente il lato fragile del suo animo, lasciando intravedere quanta bellezza sia riuscita a rifiorire sulle ferite, ormai secche, che tappezzavano la sua psiche. È a questo punto che ci sciogliamo come burro sulla padella rovente, con il cuore che sprigiona cartoonesca tachicardia amorosa – Tom & Jerry docet, sempre – e con la rinnovata voglia di ritagliare del tempo per apprezzarci un po’ di più.
Self-love, self-acceptance… o, più semplicemente, amor proprio – mettiamoli da parte ‘sti inglesismi, almeno per una volta – questo è il Leitmotiv di Open My Door, nuovo singolo della songwriter sudafricana, una lenitiva carezza lounge pop per lo spirito, un invito sussurrato ad aprire la propria porta interiore, mettendo in secondo piano, anche solo per poco, il risvolto più scomodo dell’empatia, per adorare sinceramente ogni piccolo cambiamento che tratteggia la silhouette dell’animo. Riappassionarsi al contatto con se stessi, seppellendo un distacco che lascia ormai briciole di dolore, così esili e insignificanti dinanzi all’affresco di benessere che ricopre la parete di un Io rinfrancato.
«I’m getting back to my own rhythm / It’s such a new kind of living», una pace interiore ritrovata, sollievo cullato da un folk pop zampillante a tamponare delle esigenze sperimentali (Glow) che ora si fermano di fronte alla stringente esigenza del sentimento e del suo voler arrivare istantaneamente nel cuore dell’ascoltatore.
Una traccia che non cerca il clamore strumentale, ma che si rimpinza di una dolcezza emotiva e di un’intimità capaci di abbracciare, con il loro tenero savoir-faire, chi rimane ingarbugliato sull’uscio della propria porta, indeciso se aprire o meno, se accogliere o lasciare andare. Accogliete(vi), sempre.