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Noel Gallagher's High Flying Birds: Pretty Boy (Robert Smith Remix)
Dimmi la verità, preferivi i Blur?

Noel Gallagher's High Flying Birds
Pretty Boy (Robert Smith Remix)

La sottile linea sfumata tra un remix e una cover.

C’è stato un momento in cui ogni cosa che Robert Smith toccasse diventava oro, ma davvero. Con alle spalle una serie di dischi impeccabili con i suoi Cure, si poteva permettere di mettere mano a brani altrui trasformandoli, spesse volte in meglio. Basti solo pensare al lavoro divino che fece a Jewel dei Cranes: già l’originale era di per sé stellare, ma il suo remix l’ha resa immortale.

Poi gli anni sono passati, e magari l’oro diventava argento o bronzo. Vero è che spesso era proprio la materia prima a mancare: della serie se il sugo ormai è saltato puoi farci poco. Non contano i featuring: lì vince facile. Ci mette la sua voce inconfondibile e sta a posto. Ci voleva qualcosa di diverso, che è arrivato quasi inaspettatamente.

Piaccia o meno ciò che ha fatto, è innegabile che Noel Gallagher sia uno dei compositori più popolari degli anni Novanta. Con gli Oasis ha sbancato tutti i botteghini grazie a una serie di pezzi pop che i maestri puristi all’epoca snobbavano ma che oggi come oggi se li sognano, e dopo la scissione dal fratello ha comunque portato avanti una carriera solista più che dignitosa.

Pretty Boy, uscita a ottobre 2022, non era male. Scheletrica e malinconica, regalava degli High Flying Birds ancora in forma, con un potenziale che solo Mida Smith ha saputo estrapolare. Sostituita la drum machine con il fido Jason Cooper (chissà come ci si sente a essere ancora considerati “il batterista nuovo dei Cure” dopo ventotto anni seduto dietro quelle pelli), Robert rallenta il tutto e immerge il brano in un pentolone nero pece, glitterato come un cielo ventoso e stellato, trasformando il brano in qualcosa di simile, ma in realtà di nettamente diverso. Se non fosse per la voce, lo si potrebbe benissimo scambiare per un nuovo inedito dei Cure, e di quelli migliori tra l’altro: tanta è la potenza nell’avere uno stile riconoscibile che ha fatto scuola, imitato eppure mai eguagliato.

Ecco allora che remix simili danno davvero un senso a cose del genere: troppo facile infilarci sotto una base tunza e qualche tastierina ruffiana vero? Meglio affrontare il brano come se si volesse farne una cover vera e propria, ma lasciando intatto il cantato. Il risultato è super, appagante sia per gli amanti di Noel sia per quelli di Smith, che a questo punto non possono fare altro che chiedersi dove avesse infilato la testa durante le registrazioni di 4:13 Dream. Per Gallagher, una splendida ciliegina sulla torta. Per i Cureheads, una prelibata tartina in attesa del piatto forte che dovrebbe portare il nuovo disco (se e quando uscirà).

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