I vostri anni più anonimi sono gli anni indimenticabili di qualcun altro.
Capita di ripensare al 1985, al 1995, al 2005 e, in base all’anno in cui uno è nato, provare brividi ed essere sommersi dai ricordi o sbadigliare senza nemmeno riuscire a rammentare uno solo di quei 365 giorni. Nel caso di chi scrive, il 2005 è come il peluche che, ogni volta che le pinze da luna park della memoria tentano di afferrarlo, sguilla di nuovo giù nel fondo buio del cubo di tesori. Eppure, è stato un anno pieno di musica per adolescenti in preda alla musica, all’amore e alle ansie da futuro.
Gli Story of the Year sono uno di quei gruppi che il successo l’hanno addentato per qualche secondo, prima di lasciarselo cadere dal becco e mai più riacciuffarlo. A molti diranno poco, specie fuori dagli USA, ma sono evidentemente stati la colonna sonora di una generazione e quella generazione ora va in brodo di stringhe ascoltando questa dolce-agra parata di ricordi vissuti davvero. 2005, se fosse uscito nel 2005, sarebbe suonato in ritardo, stucchevole e ruffiano, mentre oggi è la più sana dichiarazione di nostalgia che si possa ascoltare.
Il rock ormai è in preda a un rimpianto del non vissuto che preoccupa. Le neo-band si atteggiano in costumi lontani e, invece di raccontarci il presente, ci narrano un passato che non conoscono, se non attraverso il filtro fallace dello zio boomer attorno al caminetto vinilico. Quindi, meglio cento volte gli Story of the Year, pronti a ricordare a chi c’era da dove è venuto ed emozionarlo senza fargli sognare passati di altri.